Il diritto tra utopia e realtà
Il caso
Che da una lettura o da una interpretazione, se non distorta quanto meno superficiale e poco attenta delle norme o delle Sentenze pronunciate nelle aule di giustizia, possano nascere infondate speranze o pretese da parte di utenti poco accorti o mal indirizzati, è cosa ovvia; meno ovvio è constatare come in numerosi siti che dovrebbero salvaguardare - in primis - il consumatore, vengano offerte quali verità assolute delle mistificazioni che nulla hanno a che vedere col dato reale e che conducono il mal capitato fruitore, forte di errate (ab esterno ingenerate) convinzioni, a sottoscrivere tessere o a richiedere consulenze legali o ad intentare causa, naturalmente dietro pagamento.
Che da una lettura o da una interpretazione, se non distorta quanto meno superficiale e poco attenta delle norme o delle Sentenze pronunciate nelle aule di giustizia, possano nascere infondate speranze o pretese da parte di utenti poco accorti o mal indirizzati, è cosa ovvia; meno ovvio è constatare come in numerosi siti che dovrebbero salvaguardare - in primis - il consumatore, vengano offerte quali verità assolute delle mistificazioni che nulla hanno a che vedere col dato reale e che conducono il mal capitato fruitore, forte di errate (ab esterno ingenerate) convinzioni, a sottoscrivere tessere o a richiedere consulenze legali o ad intentare causa, naturalmente dietro pagamento.
Mi
riferisco, nello specifico, alla questione sottopostami da un'assistita in
possesso di buoni fruttiferi postali serie O emessi negli anni 80 che, scaduti
e pronti per l'incasso, avevano maturato interessi ben inferiori rispetto a
quelli indicati nella tabella riportata a tergo del documento.
La
signora, dotata di intelligenza ed istruzione, prima di rivolgersi al mio
studio, aveva svolto ricerche su internet e trovato un nutrito numero di
associazioni e di pareri anche di Colleghi avvocati, che invitavano a
ribellarsi all'aperta ingiustizia perpetrata dalle Poste, richiamando a
caratteri cubitali l'innovativa Sentenza della Corte di Cassazione S.U.
13979/07.
Peccato
che la decisione in oggetto, che potremmo definire importante, ma non
“storica”, dica ben altro (a tal proposito richiamo le più recenti, chiare ed
esaustive, Sentenze 26 maggio 2010, n. 273 del Tribunale L'Aquila, e 22
febbraio 2013, n. 4019 del Tribunale di Roma).
La soluzione
Una lettura almeno un poco accorta della precitata Sentenza della Suprema Corte porta, infatti, alla conclusione di seguito esposta.
Una lettura almeno un poco accorta della precitata Sentenza della Suprema Corte porta, infatti, alla conclusione di seguito esposta.
Premessa
d'obbligo ed importante: per consolidata giurisprudenza, il buono fruttifero
postale è per sua natura riconducibile ad un titolo di legittimazione e non di
credito. Ne discende che il portatore non ha diritto di pretendere quanto gli
spetterebbe sulla base del tenore letterale del titolo, in quanto questo è
sottoposto alla normativa speciale di settore, anche in difetto di espresso
richiamo nel documento cartaceo (nel senso che le successive determinazioni
ministeriali in tema di interessi prevalgono sul tenore letterale, andando ad
integrare la tabella posta a tergo del documento. Cfr Cass. Civ. Sentenza
27809/2005).
Quanto
sopra, trova il suo fondamento normativo nell'art. 173 del D.P.R. 156/73 (norma
che sebbene abrogata in virtù del combinato disposto degli artt. 7 D.Lgs. n.
284/99 e 9 D.M. 19 dicembre 2000, continua a regolare i rapporti già in essere
alla data di entrata in vigore dei citati decreti), il quale ha esplicitamente
previsto che “le variazioni del saggio di interesse dei buoni postali
fruttiferi sono disposte con decreto del Ministro per il Tesoro; […] esse hanno
effetto per i buoni di nuova serie, emessi dalla data di entrata in vigore del
decreto stesso e possono essere estese ad una o più delle precedenti serie
[...]. Ai soli fini del calcolo degli interessi, i buoni delle precedenti
serie, ai quali sia stata estesa la variazione del saggio, si considerano come
rimborsati e convertiti in titoli della nuova serie e il relativo computo degli
interessi è effettuato sul montante maturato alla data di entrata in vigore del
decreto previsto dal presente articolo [...]" e, quanto alla tabella
apposta sul retro dei buoni, che "[...] per i titoli i cui tassi siano
stati modificati dopo la loro emissione, è integrata con quella che è a disposizione
dei titolari dei buoni stessi presso gli uffici postali".
Fermo
quanto sopra, il caso sottoposto all'attenzione della Suprema Corte riguardava
una fattispecie del tutto particolare relativa ad un Buono Postale emesso con
rendimenti più elevati (riportati nella tabella a tergo del titolo) rispetto a
quelli previsti dal provvedimento ministeriale allora in vigore che disponeva
l'emissione di una nuova serie di buoni a rendimento ridotto. La Corte, applicando principi e
regole della materia contrattuale, ha valorizzato la volontà delle parti
espressa nel titolo dichiarando, in sintesi, che se l'ufficio postale ha emesso
un buono e sulle condizioni in esso riportate si è formato un accordo tra le
parti, la discrepanza con le prescrizioni ministeriali “può rilevare per
eventuali profili di responsabilità interna dell’amministrazione ma non può far
ritenere che l’accordo negoziale abbia avuto ad oggetto un contenuto divergente
da quello enunciato dai medesimi buoni”. Ma, attenzione, con ciò è stata posta
una linea di demarcazione allo jus variandi di cui godeva la pubblica
amministrazione, non è stata stravolta la normativa. La massima in oggetto
trova applicazione nei limitati casi di emissione di buoni fruttiferi a
condizioni difformi da quelle già vigenti perché anteriori o coeve ed il favore
dato al tenore letterale del titolo deriva dal fatto che l'Ente Poste in quello
specifico caso non aveva tenuto in conto che al momento dell'emissione i
rendimenti indicati erano stati superati, in maniera più sfavorevole
all'investitore, da quelli indicati nel DM di qualche mese precedente, così
generando una condotta dannosa per l'acquirente in buona fede.
La
disciplina dei BFP, rammento, è stata modificata con il D. Lgs. 284/99 e, ad
oggi, è stata abolita la facoltà di variare i tassi di interesse delle serie
già emesse, ma, come accennato, questo non vale per i buoni emessi in
precedenza.
Probabilmente
una soluzione del problema potrebbe prospettarsi con un intervento della Corte
Costituzionale in merito all'art. 173 del Codice Postale abrogato, ma riesce
difficile, almeno alla sottoscritta, pensare che la Consulta potrebbe
estendere retroattivamente gli effetti dell'abrogazione della norma e della
nuova disciplina legittimando i portatori di buoni fruttiferi emessi in
precedenza a pretendere l'applicazione degli interessi richiamati nella tabella
posta a tergo degli stessi, considerati gli indubbi effetti che avrebbe una
simile determinazione.
Confidando
che questo mio intervento possa aver contribuito a rendere l'argomento meno
nebuloso, rendendomi disponibile a chiarimenti in merito, porgo un cordiale
saluto.
Roberta K. Colosso (da avvocati.it
del 10.2.2014)