Agenzia
delle entrate - Risoluzione 21.11.2013 n. 82/E
Nel caso di registrazione di atti giudiziari,
l’imposta di registro è dovuta “in solido” solo dalle parti in causa titolari
del rapporto sostanziale: l’obbligo di pagamento, quindi, non si estende a chi
è intervenuto nel processo come semplice litisconsorte facoltativo.
È questo il chiarimento fornito dalla risoluzione n.
82/E che fa luce sulla portata applicativa dell’articolo 57, Testo unico
dell’imposta di registro e, in particolare, sulla responsabilità solidale per
il pagamento del tributo nel caso di registrazione di atti giudiziari.
Il caso concreto
Un contribuente, creditore della parte convenuta in
un giudizio civile, avendo interesse a vedere accertato l’esatto ammontare del
credito vantato dall’attore, decide di intervenire volontariamente nel processo
ai sensi dell’articolo 105 del Codice di procedura civile. All’esito del
giudizio, il convenuto viene condannato al pagamento della quasi totalità
dell’importo preteso dalla controparte e alla rifusione delle spese di lite. La
condanna alle spese di lite viene disposta anche a carico del contribuente
intervenuto.
La questione
La vicenda appena descritta pone una questione
piuttosto delicata ai fini della tassazione di registro.
Si tratta infatti di individuare, nel caso di
litisconsorzio facoltativo, quali siano i soggetti solidalmente obbligati al
pagamento dell’imposta dovuta per la registrazione della sentenza.
Due le possibili opzioni interpretative:
– da un lato, la tesi che circoscrive la
responsabilità solidale solo ed esclusivamente alle parti del rapporto
sostanziale deciso in sentenza (in pratica, l’attore e il convenuto);
– dall’altro, la lettura “estensiva” che ricomprende
tra i responsabili in via solidale anche i soggetti intervenuti volontariamente
nel processo, pur non essendo questi coinvolti nel rapporto sostanziale del
procedimento.
La soluzione del Fisco
Accogliendo le prospettazioni del contribuente,
l’Agenzia delle entrate ha precisato che la solidarietà passiva, contemplata
dall’articolo 57 del Testo unico dell’imposta di registro (Dpr 26 aprile 1986
n. 131), non si estende ai terzi intervenuti volontariamente nel processo, ma
grava esclusivamente sull’attore del procedimento e sul convenuto. E ciò -
viene sottolineato - indipendentemente dalla circostanza che il contribuente
(come appunto accaduto nella fattispecie) sia stato comunque chiamato al
pagamento delle spese processuali.
Una soluzione in linea con la giurisprudenza di
legittimità
La soluzione del Fisco, come si legge nella stessa
risoluzione, è ampiamente confortata dall’elaborazione giurisprudenziale,
pressoché costante, della Suprema corte.
Muovendo dalla considerazione che l’imposta di
registro non colpisce l’atto bensì il rapporto racchiuso nell’atto, è stato
infatti più volte affermato che, per la registrazione degli atti giudiziari,
l’imposta di registro non deve gravare indiscriminatamente su tutti i soggetti
che hanno preso parte al procedimento; ciò, in quanto l’indice di capacità
contributiva, cui si ricollega il tributo, non è la sentenza in quanto tale «ma
il rapporto sostanziale in essa racchiuso, con conseguente esclusione del
vincolo di solidarietà nei confronti dei soggetti ad esso estraneo» (in
termini, da ultimo, Cassazione civile, sezione V, sentenza 20 marzo 2013 n.
6941; conforme, Cassazione civile, sezione V, 21 luglio 2009 n. 16891).
È stato altresì evidenziato che, nel caso di giudizio
con pluralità di parti evocate in giudizio per il medesimo titolo ovvero anche
a diverso titolo in caso di identiche questioni (cosiddetto
"litisconsorzio facoltativo proprio o improprio" ex articolo 103 del
Cpc, commi 1 e 2), tra le diverse statuizioni adottate in sentenza, non è dato
ravvisare una relazione di "derivazione necessaria"; inoltre,
l’esigenza di tenere distinte, ai fini dell'applicazione dell’imposta di
registro, le varie statuizioni della medesima sentenza - in quanto riferibili a
distinti rapporti giuridici e quindi ad autonome cause riunite, in via
originaria o successiva, solo ai fini del simultaneus processum -, risiede
nella stessa logica interna allo specifico presupposto impositivo che deve
essere individuato, non nell'atto considerato in sé quale mero documento, ma
nell'atto giuridico avente contenuto economico in quanto considerato nella sua
idoneità a produrre ricchezza e dunque sintomo di capacità contributiva (così,
Cassazione civile, sezione V, sentenza 28 febbraio 2011 n. 4805).
L’ulteriore avallo della giurisprudenza di merito
Nel solco della Suprema corte si colloca, peraltro,
anche la prevalente giurisprudenza di merito.
In più occasioni, è stato infatti ribadito come,
diversamente dal litisconsorzio necessario, l'obbligazione solidale prevista
dall'articolo 57 del Tur per il pagamento dell'imposta di registro dovuta in
relazione a una sentenza emessa in un giudizio con pluralità di parti non grava
su tutti i soggetti che hanno preso parte al procedimento unico. Oggetto
dell’imposta, in quanto indice di capacità contributiva, non è infatti la
sentenza in quanto tale, ma il rapporto sostanziale cui essa inerisce, con la
conseguenza che il vincolo di solidarietà resta escluso nei confronti dei
soggetti non direttamente titolari di detto rapporto (Ctp Liguria, Genova,
sezione X, sentenza 16 giugno 2011 n. 210; Ctp Trentino-Alto Adige, Trento,
sezione II, sentenza 23 maggio 2013 n. 34 e Ctr Lazio, Roma, sezione XXIX,
sentenza 18 gennaio 2011 n. 2).
Osservazioni conclusive
Le conclusioni cui perviene il documento di prassi in
questione, del tutto condivisibili, non risultano solo in linea con la
dominante produzione giurisprudenziale, ma rispondono anche a una lettura
costituzionalmente orientata dell’articolo 57 del Tur.
La Consulta - chiamata a sciogliere i dubbi di legittimità
costituzionale sulla norma, nell’ottica di un possibile contrasto con il
principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione nella parte
in cui prevede l’obbligo del pagamento dell’imposta su entrambe le parti del
processo - già nel 2000 aveva avuto modo di affermare che «in materia di
imposte indirette, il necessario collegamento con la capacità contributiva non
esclude che la legge stabilisca prestazioni tributarie a carico solidalmente
oltreché del debitore principale, anche di altri soggetti non direttamente
partecipi dell’atto assunto come indice di capacità contributiva» (si veda
l'ordinanza 19 giugno 2000 n. 215).
Da ciò deriva che, in tema di imposta di registro, la
solidarietà passiva deve necessariamente ricollegarsi a rapporti giuridico-economici
idonei alla configurazione di unitarie situazioni che possano giustificare
razionalmente il vincolo obbligatorio e la sua causa.
In tale prospettiva, pertanto, il caso esaminato
nella risoluzione risulta addirittura paradigmatico.
Come descritto nell’istanza di interpello (e poi
verificato dalle Entrate attraverso l’esame degli atti processuali), il
contribuente era intervenuto nel giudizio in qualità di terzo, titolare di un
interesse solo indiretto: dall’accertamento giudiziale del debito vantato dall’attore
nei confronti del convenuto, infatti, dipendeva la misura del concorso con
l’attore su quanto ricavato all’esito dell’azione esecutiva da loro promossa
contro il convenuto.
È evidente allora che il litisconsorte facoltativo,
“estraneo” al giudicato della sentenza, non può che essere altrettanto
“estraneo” al meccanismo di solidarietà passiva; e ciò, indipendentemente dalla
sua eventuale condanna alle spese di lite non costituendo, tale circostanza, un
elemento idoneo ad alterare la posizione di terzo rispetto al rapporto
sostanziale deciso con la sentenza oggetto di registrazione.
Barbara Ianniello (da Guida al Diritto del 29.11.2013)