Con la recente riforma attuata con Dl 69/2013 come
convertito in legge 98/2013 è stata introdotta nel procedimento di mediazione
la competenza territoriale per gli organismi.
Il funzionamento del meccanismo
Per cui in base al novellato articolo 4, comma 1, del
Dlgs 28/2010 la domanda di mediazione deve essere depositata «presso un
organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la
controversia. In caso di più domande relative alla stessa controversia, la
mediazione si svolge davanti all’organismo territorialmente competente presso
il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della
domanda si ha riguardo alla data del deposito dell’istanza».
Le questioni aperte
Eventuali problematiche derivanti dalla incompetenza
territoriale dell’organismo che ha gestito il procedimento di mediazione
condurranno inevitabilmente ad una declaratoria di improcedibilità del giudizio
incardinato all’esito negativo dello stesso.
Così si potrà ritenere che la mancata partecipazione
della parte invitata alla mediazione dinanzi a un organismo ritenuto
incompetente per territorio (accertamento che sarà poi svolto dal giudice in
sede processuale) possa costituire «giustificato motivo» idoneo a evitare le
possibili sanzioni previste dall’articolo 8, comma 4-bis, del Dlgs 28/2010.
Peraltro la non felice formulazione della norma (che
utilizza una terminologia poco puntuale nell’individuazione del criterio di
riferimento territoriale) richiede un opportuno intervento
attuativo/interpretativo del ministero della Giustizia da coordinarsi poi con
la disciplina relativa alla diversa tipologia di sedi (sede legale e sede
secondaria) e uffici (sedi operative) che costituiscono le articolazioni territoriali
degli organismi di mediazione.
Le uniche soluzioni sul campo
Tuttavia, se si considera che proprio il ministero
della Giustizia nelle note informative pubblicate sul sito web ufficiale
“www.giustizia.it” aveva già avuto modo di chiarire che «le domande di
mediazione vanno presentate alla sede legale dell'organismo, gli incontri di
mediazione invece si possono svolgere presso le sedi operative», la conseguenza
appare ineluttabile nel senso che ai fini della competenza territoriale dovrà
farsi riferimento alla sola sede legale ove deve essere depositata l’istanza.
Se l’interpretazione ministeriale dovesse essere
confermata (stabilendo un rapporto inderogabile tra sede legale dell’organismo
e “luogo” del giudice competente) anche dopo la modifica legislativa la
conseguenza sarebbe la chiusura di quasi tutte le articolazioni territoriali
degli organismi di mediazione (a vantaggio di quelli con una forte valenza
esclusivamente territoriale come le Camere di commercio e gli Ordini
professionali, ma con una rete operativa di collegamenti finalizzata a
semplificare e rendere omogenee le attività sul territorio nazionale).
Il legislatore non prevede strumenti per la soluzione
di contrasti circa la competenza territoriale dell’organismo presso il quale è
stata presentata l’istanza. Né d’altro canto il legislatore avrebbe potuto
creare un simile sistema, posto che ciò che accade in sede mediativa
costituisce pur sempre attività negoziale e non processuale.
Questo è il motivo indicato nella relazione
ministeriale illustrativa al Dlgs 28/2010 per il quale l’originaria
formulazione della norma non aveva previsto alcun criterio di competenza
territoriale. Ed è anche la ragione espressa per la quale il Governo non
l’aveva previsto nel Dl 69/2013 di riforma e si era opposto in sede di
audizione parlamentare alla Camera (era presente il sottosegretario alla
giustizia Cosimo Ferri) nell’iter di conversione poi adeguandosi alle scelte
del Parlamento con l’apposizione della fiducia sul testo emendato alla Camera.
A ciò consegue che eventuali contrasti sorti tra le
parti circa la competenza territoriale dell’organismo non potranno (e non
dovranno) essere risolti dallo stesso, ma dalle medesime parti che sin dalla
presentazione dell’istanza o dell’atto di adesione si assumeranno ogni
responsabilità circa la corretta individuazione del criterio di competenza
territoriale adottato. Appare evidente che l’accordo delle parti circa la
scelta dell’organismo e della sede della mediazione è utile a risolvere ogni
problematica relativa alla competenza territoriale.
Tale considerazione deriva dall’ancoraggio (reso
necessario dall’articolo 4, comma 1, del Dlgs 28/2010 e dalla condizione di
procedibilità ex articoli 5, commi 1-bis e 2, del Dlgs 28/2010) della
competenza territoriale dell’organismo a quella del giudice che comporta la
trasposizione delle regole e, quindi, dei limiti di cui all’articolo 28 del Cpc
(che richiama l’articolo 70 del Cpc). Si ricordi a tal fine che la mediazione
di cui al Dlgs 28/2010 può avere a oggetto soltanto i diritti disponibili
(articolo 2, comma 1, del Dlgs 28/2010).
Si deve poi porre in evidenza che un criterio di
competenza territoriale in materia di mediazione era stato già introdotto per
le liti condominiali. E infatti, con vigenza dal 18 giugno 2013, la domanda di
mediazione in dette controversie «deve essere presentata, a pena di
inammissibilità, presso un organismo di mediazione ubicato nella circoscrizione
del tribunale nella quale il condominio è situato» (ex articolo 71-quater,
comma 2, delle disposizioni di attuazione del
Cc).
E proprio la norma relativa alle liti condominiali
può offrire una indicazione ermeneutica per la nuova disposizione relativa al
criterio di competenza di cui all’articolo 4, comma 1, del Dlgs 28/2010.
Ragioni di coerenza sistematica consentono in tal guisa di ritenere (nelle more
dei necessari chiarimenti ministeriali e delle successive interpretazioni
giurisprudenziali) che il «luogo del giudice territorialmente competente» possa
essere individuato nell’ambito del circondario del tribunale.
Quanto alla mediazione cosiddetta
"concordata", la domanda di mediazione deve essere presentata davanti
all’organismo indicato dalla clausola di mediazione (articolo 5, comma 5, del
Dlgs 28/2010), se iscritto nel registro ministeriale, ovvero, in mancanza,
davanti a un altro organismo iscritto, fermo il rispetto del criterio di
prevenzione (di cui all’articolo 4, comma 1, del Dlgs 28/2010). In ogni caso,
resta confermata per le parti la possibilità di concordare, successivamente al
contratto o allo statuto o all’atto costitutivo, l’individuazione di un diverso
organismo iscritto.
Si ritiene così che l’accordo delle parti consenta di
derogare al criterio di competenza territoriale degli organismi di mediazione e
che ciò possa accadere anche attraverso un meccanismo implicito di mancata
contestazione al momento della partecipazione al procedimento di mediazione.
Appare evidente che tale deroga consensuale (in caso di mancato accordo
conciliativo) non inciderà sugli ordinari criteri di competenza territoriale
del giudice da adire.
Marco Marinaro (da Guida al diritto del 22.11.2013)