Il titolo spagnolo o rumeno
non è uguale a quello italiano:
iscrizione "sì", ma senza
fare i furbi
In
principio era abogado (in Spagna), poi avocat (in Romania), ma non è la stessa
cosa di avvocato (in Italia). E anche la legislazione non aiuta a dipanare la
matassa. Da una parte il riconoscimento del titolo dopo cinque anni di
professione e l'iscrizione all'Ordine degli avvocati, dall'altra il ricorso del
Consiglio nazionale forense presso la
Corte di giustizia dell'Unione europea per mettere uno stop
all'emigrazione di laureati in Spagna o Romania. Secondo il Consiglio nazionale
forense la pratica degli "abogados" rappresenta in sostanza «una
violazione della concorrenza a danno dei cittadini italiani che, per diventare
avvocato, accedono a un percorso articolato e sostengono un esame di
abilitazione». E quelli che ottengono il titolo all'estero devono attenersi a
norme ben precise nei confronti dei colleghi e, soprattutto, dei clienti. Nelle
targhe dello studio, nella carta intestata e nei biglietti da visita deve
risultare il termine "abogados" o "avocat". Oppure
utilizzare il termine "avvocato stabilito". Recentemente sono giunte
diverse segnalazioni all'Ordine degli avvocati di Perugia per targhe
professionali con il solo termine "avvocato" oppure con una piccola
"s" con un punto. Un modo per dire "stabilito", ma che
incontra la riprovazione dell'Ordine degli avvocati. Una violazione di minore
gravità rispetto ai casi segnalati di "abogados" che hanno evitato di
inciderlo sulla targa di studio o sui biglietti da visita. Casi portati
all'attenzione dell'Ordine. Ugualmente sotto attenzione del consiglio delle
toghe perugine il caso di un iscritto al quale sono scivolati i biglietti da
visita sul parabrezza di diverse auto parcheggiate in un'area di sosta molto
grande in città. Un fenomeno che risente sicuramente del sovraffollamento nel
mondo dell'avvocatura. Sovraffollamento che ha spinto 3.000 praticanti (in
tutta Italia) a tentare la strada spagnola. E molti ci provano ancora perché
non riescono a superare lo scoglio dell'esame a Perugia. Nell'ultima sessione
su 450 candidati, allo scritto ne sono passati 150. All'orale ne sono passati
140. Al di là di Perugia, il presidente dell'Ordine degli avvocati di Terni,
Renato Chiaranti, riferisce di «qualche iscritto all'Ordine ternano, ma che non
si sono mai verificati problemi» che riguardano gli "abogados" o
"avocat". Identica situazione nel comprensorio dell'Ordine degli
avvocati di Spoleto dove non si segnalano situazioni particolari. Il ricorso
del Consiglio nazionale forense «non è contro un singolo individuo anche se
nasce come una contestazione nei confronti di uno dei 20 casi che sono finiti
sul tavolo dell'Ordine nazionale dopo essere stati rigettati dalle
rappresentanze locali». Alla base del ricorso c'è la procedura imposta agli
Ordini degli avvocati italiani secondo la quale il riconoscimento della pratica
realizzata in Spagna e la conseguente autorizzazione all'esercizio della
professione in Italia devono avvenire in modo automatico.
(Da Mondoprofessionisti
del 4.11.2013)