Il divieto di accesso nei procedimenti tributari
non vale dopo l’accertamento:
in un mese il concessionario deve dar copia
degli atti che l’impresa sostiene
di non avere mai ricevuto
non vale dopo l’accertamento:
in un mese il concessionario deve dar copia
degli atti che l’impresa sostiene
di non avere mai ricevuto
Fuori le carte
Equitalia ha un mese di tempo per mostrare al
contribuente la cartelle esattoriali che il destinatario sostiene di non aver
mai ricevuto in notifica, ma della quali è venuto egualmente a conoscenza. Il
divieto di accesso agli atti dei procedimenti tributari deve ritenersi valido
fino a quando non è emesso l’accertamento, ma non dopo, visto che viene meno
l’esigenza della segretezza. E ciò in base a un’interpretazione
costituzionalmente orientata della legge sulla trasparenza, secondo cui
l’inaccessibilità agli atti deve ritenersi limitata alla fase di pendenza del
procedimento tributario. È quanto emerge dalla sentenza 4821/13, pubblicata
dalla quarta sezione del Consiglio di Stato, che prosegue sulla linea della
trasparenza sposata dai giudici amministrativi sui rapporti cittadino-Fisco
(cfr. “Ora Equitalia tira fuori le carte e i nomi di chi ha iscritto le
ipoteche per crediti sotto gli 8 mila euro”, pubblicata il 19 marzo scorso).
Diritto di difesa
Il concessionario non soltanto dovrà esibire le copie
delle cartelle, ma dovrà dimostrare anche di avere notificato gli atti alla
società, che sostiene di avere appreso in modo informale che il Fisco era sulle
sue tracce. E ora teme che con l’ingresso in campo dell’agente della
riscossione possa scattare da un momento all’altro un pignoramento presso
terzi. È lo stesso articolo 26, comma 4, del Dpr 602/73 a stabilire che l’ex
esattore, a richiesta del contribuente, ha l’obbligo di esibire copia della
cartella, che deve essere conservata per cinque anni (almeno nella matrice).
Senza dimenticare, poi, che la cartella esattoriale è il presupposto di
procedure esecutive: la richiesta di accesso risulta dunque strumentale alla
tutela dei diritti del contribuente e in ultima analisi al suo diritto di
difesa; un eventuale diniego, osservano i giudici di Palazzo Spada, si porrebbe
quindi in contrasto con il principio che garantisce la tutela giurisdizionale,
indicato dalla Carta fondamentale. Inutile poi per Equitalia trincerarsi dietro
la presunta tardività del ricorso originario, che invece risulta regolarmente
proposto entro i trenta giorni dal termine in cui si era formato il silenzio
avverso la richiesta di accesso.
Dario Ferrara (da cassazione.net)