sabato 9 novembre 2013

Equitalia mostri cartelle a chi teme pignoramento presso terzi

Il divieto di accesso nei procedimenti tributari 
non vale dopo l’accertamento: 
in un mese il concessionario deve dar copia 
degli atti che l’impresa sostiene 
di non avere mai ricevuto


Fuori le carte

Equitalia ha un mese di tempo per mostrare al contribuente la cartelle esattoriali che il destinatario sostiene di non aver mai ricevuto in notifica, ma della quali è venuto egualmente a conoscenza. Il divieto di accesso agli atti dei procedimenti tributari deve ritenersi valido fino a quando non è emesso l’accertamento, ma non dopo, visto che viene meno l’esigenza della segretezza. E ciò in base a un’interpretazione costituzionalmente orientata della legge sulla trasparenza, secondo cui l’inaccessibilità agli atti deve ritenersi limitata alla fase di pendenza del procedimento tributario. È quanto emerge dalla sentenza 4821/13, pubblicata dalla quarta sezione del Consiglio di Stato, che prosegue sulla linea della trasparenza sposata dai giudici amministrativi sui rapporti cittadino-Fisco (cfr. “Ora Equitalia tira fuori le carte e i nomi di chi ha iscritto le ipoteche per crediti sotto gli 8 mila euro”, pubblicata il 19 marzo scorso).

Diritto di difesa

Il concessionario non soltanto dovrà esibire le copie delle cartelle, ma dovrà dimostrare anche di avere notificato gli atti alla società, che sostiene di avere appreso in modo informale che il Fisco era sulle sue tracce. E ora teme che con l’ingresso in campo dell’agente della riscossione possa scattare da un momento all’altro un pignoramento presso terzi. È lo stesso articolo 26, comma 4, del Dpr 602/73 a stabilire che l’ex esattore, a richiesta del contribuente, ha l’obbligo di esibire copia della cartella, che deve essere conservata per cinque anni (almeno nella matrice). Senza dimenticare, poi, che la cartella esattoriale è il presupposto di procedure esecutive: la richiesta di accesso risulta dunque strumentale alla tutela dei diritti del contribuente e in ultima analisi al suo diritto di difesa; un eventuale diniego, osservano i giudici di Palazzo Spada, si porrebbe quindi in contrasto con il principio che garantisce la tutela giurisdizionale, indicato dalla Carta fondamentale. Inutile poi per Equitalia trincerarsi dietro la presunta tardività del ricorso originario, che invece risulta regolarmente proposto entro i trenta giorni dal termine in cui si era formato il silenzio avverso la richiesta di accesso.


Dario Ferrara (da cassazione.net)