Secondo una recente sentenza del
Consiglio di Stato, la regola del rispetto della distanza dei dieci metri, si
riferisce esclusivamente a pareti munite di finestre e non anche alle finestre
“lucifere”
La
normativa di riferimento. La disciplina giuridica delle distanze legali tra
edifici si colloca fra la sfera privatistica e quella pubblicistica
dell’ordinamento giuridico. La disciplina civilistica è contenuta
prevalentemente negli artt. 873 e seguenti del codice civile, mentre quella
pubblicistica si ricava invece dal D.M. n. 1444/1968 e dalle norme introdotte
dagli strumenti urbanistici e dai regolamenti edilizi comunali. L’art. 9 del
D.M. 1444/1968 prevede, per quanto qui interessa, i limiti di distanza tra
fabbricati che, a seconda della zona territoriale omogenea, è necessario
rispettare qualora entrambe o una delle pareti che si fronteggiano risultino
finestrate. Tale disposizione “nei rapporti di vicinato ha una valenza
direttamente precettiva, sino a comportare la disapplicazione degli strumenti
urbanistici, anche di tipo regolamentare, con esso contrastanti” (Cons. Stato,
sez. IV, sent. 27 ottobre 2011, n. 5799). Sempre in riferimento alla ratio del
D.M. n. 1444/1968 il TAR Toscana, Firenze, con sentenza del 19 giugno 2007, la
n. 881, precisa che “il motivo del
divieto, previsto all’art. 9 D.M. n. 1444 del 1968, deve essere individuata, al
di là di un’interpretazione letterale della norma, nella necessità di vietare
un “prospicere” sul fondo del vicino, possibile con le aperture identificabili,
sulla scorta della nozione fornita dall’art. 900 c.c., con tutte le vedute e i
prospetti che permettono di affacciarsi o di guardare di fronte” (sulla stessa
linea interpretativa cfr. TAR Toscana, Sez. III, 22 gennaio 2007, n. 55 per la
quale la distanza in questione deve essere “assoluta e prescritta in tutti i
casi” e “calcolata con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non alle sole
parti che si fronteggiano”.).
Il
coordinamento con il “Decreto del Fare”. Al riguardo, però, si osserva che con
il Decreto “del Fare” (D.L. 21 giugno 2013, n. 69 conv. l. 9 agosto 2013, n.
98) inserendo il nuovo art. 2-bis all’interno del Testo Unico dell’Edilizia,
sembrerebbe consentire alla Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano “di
prevedere, con proprie leggi e regolamenti, disposizioni derogatorie al decreto
del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444”. Ciò, probabilmente
consentirà alla normativa regionale di intervenire, ad esempio anche nell’ambito
dei sottotetti con disposizioni più favorevoli al rilancio dell’edilizia.
Potere, questo, che finora era stato loro negato anche dalla Corte
Costituzionale (sentt. n. 6/13 e 114/12)
Analisi
di un caso di specie. Nel caso
analizzato dal Consiglio di Stato (sentenza n. 4451, del 04-09-2013), il
Giudice precisa che la distanza minima indicata dalla legge vale solo per le
pareti con finestre qualificabili come vedute e non quando la vista sulla
proprietà del vicino risulta esclusa. Nella fattispecie, si ritiene legittimo
il titolo edilizio per i lavori di ristrutturazione al sottotetto perché la
distanza minima prescritta tra fabbricati vicini vale soltanto per le pareti
con finestra qualificabili come vedute e non per quelle “lucifere”, che vengono
realizzate solo per fare entrare il sole nelle stanze dell’immobile. Il
Consiglio di Stato ha ritenuto valido un precedente orientamento espresso sia
dalla Cassazione (Cass. Sez. Civ., Sez. II 30 aprile 2012 n. 6604; Cass. 4
febbraio 1999 n. 982.), che dallo stesse ente giudicante (Cons. Stato Sez. IV
22 gennaio 2013 n. 844). Tale pronuncia
ha anche chiarito che ciò che rileva è che l’utilizzatore “non ha la
possibilità di “inspicere” nell’altrui prospiciente proprietà; e se così è, non
v’è luogo all’applicazione della norma ex art. 9 citato, non esistendo,
appunto, pareti finestrate su edifici fronteggianti e/o contrapposti”.
Va
comunque precisato che il recupero del sottotetto ai fini abitativi va
considerato come nuova costruzione ed è quindi soggetto pure sempre al rispetto
della distanze (TAR Lombardia Milano, 10 dicembre 2010, n. 7505; TAR Puglia,
Lecce, sez.III, 15 gennaio 2005, n. 143; T.A.R.
Napoli Campania sez. II,
21 marzo 2011, n. 1582; TAR Campania, Napoli, sez. IV, 17 giugno 2002 n.
3597) e inoltre, se la normativa sulla ristrutturazione dei sottotetti prevede
la possibilità di deroghe allo strumento urbanistico, non consente, invece,
deroga alla normativa sulle distanze che limita la potestà legislativa
regionale e sostituisce ope legis limiti inferiori contenuti negli strumenti
urbanistici (T.A.R. Genova Liguria
sez. I 06 febbraio 2013, n. 256).
La
tutela della riservatezza del frontista. La sentenza che si commenta ci
permette di effettuare alcune brevi considerazioni sul problema della tutela
della riservatezza. Proprio nell’ ambito della proprietà immobiliare, la
problematica della privacy ha ricevuto notevoli difficoltà applicative. Una di
queste è la questione delle vedute e i relativi diritti che il frontista
rivendica in relazione anche alla normativa che regola i rapporti di vicinato.
Per tali motivi vi è la necessità di avere una tutela più “rafforzata” della
riservatezza, che interessa soprattutto le grandi città. Per cui il Giudice
deve accertare se la rigorosa osservanza di dette norme nel singolo caso,
considerando che la coesistenza di più appartamenti in un unico edificio
implica di per sé il contemperamento di vari interessi al fine dell’ordinato
svolgersi della convivenza. Per tali motivi è necessario dare una tutela concreta
al diritto di riservatezza poiché limitando l’affaccio in determinate
circostanze, si dà segno di voler proteggere la privacy del frontista. È
evidente che il bene che la norma protegge è anche quello della privacy del
vicino anche perché tutte quelle azioni umane che rientrano nel caso concreto
“dell’affacciarsi” e del “guardare” richiedono anche la tutela della privacy
del frontista, che deve assicurata proprio dalla limitazione di affacci o
vedute troppo ravvicinate. Per cui il diritto di proprietà non può estendersi a
tal punto da violare l'altrui sfera giuridica comprimendo il diritto alla
riservatezza ed alla intimità della vita privata e familiare dei vicini. La
tutela delle distanze delle costruzioni dalle vedute deve pertanto essere
intesa in tali casi come diritto a non veder diminuito il volume di aria e di
luce necessario e sufficiente per il giusto godimento del bene di
proprietà.(Cfr. Cassazione n. 3891 del 2000; Cassazione n. 6594 del 1983).
Possiamo
quindi concludere dicendo che i vincoli imposti dalla legislazione andrebbero
anche letti in funzione di una più concreta tutela del diritto di privacy del
frontista, dal momento che il sistema delle distanze legali rappresenta uno
strumento predisposto al controllo del territorio.
Gian Luca Ballabio –
Ivan Meo (da ilsole24ore.com del 7.11.2013)