Trib. Salerno, Ufficio GIP, ord.
10.12.2013
Non
risponde di appropriazione indebita l'assicurato che trattenga la somma
liquidata in proprio favore dalla compagnia assicuratrice, a titolo di
rifusione delle spese legali, e che rifiuti di consegnarle al proprio avvocato.
E'
quanto emerge dall'ordinanza 10 dicembre 2013 emessa dal GIP presso il
Tribunale di Salerno.
Al
riguardo, deve rilevarsi, in primo luogo, che la Suprema Corte
(Cass., sez. II, 25 maggio 2011, n. 25344) ha statuito, in caso analogo, che
“non integra il delitto di appropriazione indebita la condotta della parte
vincitrice di una causa civile che trattenga la somma liquidata in proprio
favore dal giudice civile a titolo di refusione delle spese legali, rifiutando
di consegnarla al proprio avvocato che la reclami come propria. Ciò in quanto
le spese legali sono liquidate in sentenza in favore della parte vincitrice e
non del professionista che l’assiste, il quale può farsi pagare direttamente
dal cliente in virtù del rapporto di mandato che li lega, ed indipendentemente
dalla liquidazione che il giudice effettua in sentenza”.
Negli
stessi termini si è espressa la giurisprudenza di merito più recente (cfr.
Corte di Appello di Catanzaro 4 aprile 2012), secondo la quale “Non ricorre il
reato di appropriazione indebita quando il cliente si appropria di somme
pagategli dall’assicurazione a titolo di ristoro del danno e di copertura delle
spese legali, appartenendo il denaro all'assicurato che può attribuirgli
qualunque destinazione in quanto non vi è presente alcun vincolo di
destinazione, pur rimanendo lo stesso obbligato verso il suo legale di fiducia,
senza che quest'ultimo abbia titolo per vantare una legittima pretesa su tale somma.”
Tale
recente impostazione, che vede concorde anche il GIP di Salerno, supera
l’orientamento previgente, (sostenuto da Trib. La Spezia, 13 ottobre 2011, n.
970) per cui “in tema di appropriazione indebita, integra la fattispecie
contestata la condotta di colui il quale, cliente di uno studio legale,
trattiene indebitamente una somma di denaro che sia pacificamente spettante
quale compenso professionale al difensore e della quale egli si sia trovato in
possesso in quanto liquidatagli unitamente alle somme a lui destinate, alla
luce anche della costante giurisprudenza formatasi sul caso opposto, relativa
cioè alle somme trattenute dal difensore in danno del cliente” (si fa
riferimento a Cass. pen., Sez. II, 18 giugno 2009, n. 41663, secondo la quale “Integra
il reato di appropriazione indebita la condotta dell'esercente la professione
forense che trattenga somme riscosse a nome e per conto del cliente”). Infatti,
a seguito del sinistro, sorge un unico rapporto giuridico tra il soggetto
danneggiato ed il danneggiante, quest'ultimo surrogato dall'assicurazione, ai
sensi degli artt. 1882 c.c. e ss., mentre il rapporto tra danneggiato ed il
proprio legale segue una separata vicenda liquidatoria, indipendentemente da
quanto liquidato dall’assicurazione.
Di
conseguenza, l'eventuale dicitura "“di cui per spese di patrocinio”
enunciata nella nota dell'impresa assicuratrice, di fianco alla indicazione
“euro 800,00”
quale quota parte dell’indennizzo liquidato in favore del danneggiato, non può
ritenersi idoneo, di per sé, ad implicare la costituzione di un vincolo di
destinazione sulla somma in questione.
(Da Altalex del
22.1.2014. Nota di Simone Marani)