Le
cronache giornalistiche spesso parlano di affidamento in prova ai servizi
sociali, vediamo di seguito in che consiste.
Si
definisce affidamento in prova ai sevizi sociali, la misura alternativa alla
detenzione più ampia che si svolge nel territorio, e intende evitare alla
persona condannata i danni che derivano dal contatto con l’ambiente
penitenziario e dalla condizione di privazione della libertà.
La
sua disciplina è regolamentata dall’articolo 47 dell’Ordinamento Penitenziario,
(L. 26 luglio 1975 n. 354) così come modificato dall’art. 2 della legge 27
maggio 1998 n. 165 (Legge Simeone - Saraceni), e consiste nell’affidamento del
condannato al Servizio Sociale, fuori dall’istituto di pena, per un periodo uguale
a quello della pena da scontare.
Costituiscono
i requisiti per l’ammissione:
Una
pena detentiva inflitta, o anche residuo pena, non superiore a tre anni.
Per
chi è detenuto, relazione "di sintesi" che preveda che la misura
alternativa, anche attraverso le prescrizioni, contribuisca alla rieducazione
del condannato e assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri
reati.
Per
chi non è detenuto, avere tenuto un comportamento tale, dopo la condanna, da
consentire lo stesso giudizio di cui sopra, anche senza procedere
all’osservazione in istituto.
Con
la legge 12 luglio 1999, n. 231, che ha introdotto l’art. 47 quater
dell’Ordinamento Penitenziario, per i soggetti affetti da AIDS conclamata o da
grave deficienza immunitaria o da altra malattia particolarmente grave, è
previsto che l’affidamento in prova al servizio sociale possa essere concesso
anche oltre i limiti di pena previsti.
Alla
sua ammissione esistono dei limiti.
I
detenuti e gli internati per reati associativi (ex artt. 416 bis e 630 c.p.,
art. 74 D.P.R. 309/90) possono essere ammessi all’affidamento ai servizi
sociali esclusivamente se collaborano con la giustizia, oppure quando la loro
collaborazione risulti impossibile, ad esempio perché le circostanze del reato
sono già state accertate (ex art. 4 bis O.P., comma 1, periodo 1).
I
detenuti e gli internati per altri reati gravi (commessi per finalità di
terrorismo, omicidio, rapina aggravata, estorsione aggravata, traffico
aggravato di droghe) possono essere ammessi all’affidamento ai servizi sociali
se non vi sono elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con
la criminalità organizzata o eversiva (ex art. 4 bis O.P., comma 1, periodo 3).
Chi
è evaso, oppure ha avuto la revoca di una misura alternativa, non può essere ammesso
all’affidamento ai servizi sociali per 3 anni (ex art. 58 quater, commi 1 e 2,
O.P.).
Non
vi può essere ammesso per 5 anni nel caso abbia commesso un reato, punibile con
una pena massima pari o superiore a 3 anni, durante un’evasione, un permesso premio,
il lavoro all’esterno, o durante una misura alternativa (ex art. 58 quater,
commi 5 e 7, O.P.).
L’istanza
per poter usufruire della misura dell’affidamento deve essere inviata,
corredata dalla documentazione necessaria, se il condannato è in libertà, al
Pubblico Ministero della Procura che ha disposto la sospensione dell’esecuzione
della pena, entro trenta giorni dalla notifica, come previsto dall’articolo 656
del codice di procedura penale.
Il
Pubblico Ministero trasmette l’istanza al Tribunale di Sorveglianza competente,
che fissa l’udienza, se il condannato è detenuto, al Magistrato di Sorveglianza
competente in relazione al luogo dell’esecuzione, il quale può sospendere
l’esecuzione, ordinare la liberazione del condannato e trasmettere immediatamente
gli atti al Tribunale di Sorveglianza, se siano offerte concrete indicazioni in
relazione all’esistenza dei presupposti necessari per l’ammissione
all’affidamento, all’esistenza di un grave pregiudizio che deriva dalla
protrazione dello stato di detenzione, all’assenza di un pericolo di fuga.
Se
il condannato è affetto da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria, o
da altra malattia particolarmente grave, l’istanza deve essere accompagnata
dalla certificazione sul suo stato di salute, come previsto nell’articolo 5
comma 2 della legge 231/99.
Se
l’istanza non è accolta, riprende, o ha inizio, l’esecuzione della pena. Non
può essere accordata altra sospensione dell’esecuzione per la medesima pena,
anche se vengono presentate altre istanze, per diverse misure alternative.
Se
il condannato è in libertà, il centro di servizio sociale svolge l’inchiesta di
servizio sociale richiesta dal Tribunale di Sorveglianza.
Se
il condannato è detenuto, partecipa al gruppo per l’osservazione scientifica
della personalità e dà il suo contributo di consulenza per elaborare
collegialmente la relazione di sintesi da inviare al Tribunale di Sorveglianza.
In
entrambi i casi il Centro di Servizio Sociale svolge un’inchiesta di servizio
sociale per fornire al Tribunale di Sorveglianza o all’Istituto di pena
elementi, oggettivi e soggettivi, relativi al condannato con particolare
riferimento all’ambiente sociale e familiare di appartenenza ed alle risorse
personali, familiari, relazionali ed ambientali su cui fondare un’ipotesi di
intervento e di inserimento.
L’affidamento
viene concesso con provvedimento di ordinanza, se il condannato è in libertà,
dal Tribunale di Sorveglianza del luogo nel quale ha sede il pubblico ministero
competente dell’esecuzione, e se il condannato è detenuto, dal Tribunale di
Sorveglianza che ha giurisdizione sull’istituto penitenziario nel quale è
ristretto l’interessato al momento della presentazione della domanda.
L’affidamento
ha inizio quando il condannato, previa notifica da parte degli organi competenti
dell’ordinanza, sottoscrive il verbale di determinazione delle prescrizioni,
con l’impegno a rispettarle, se il condannato è in libertà, davanti al
direttore del centro di servizio sociale, e se il condannato è detenuto,
davanti al direttore dell’Istituto penitenziario.
Il
verbale delle prescrizioni viene disposto dal Tribunale di Sorveglianza con
l’ordinanza di ammissione della misura, e detta le prescrizioni che il
condannato in affidamento dovrà seguire.
Le
prescrizioni indispensabili sono quelle relative ai seguenti aspetti:
I
rapporti con il Centro di Servizio Sociale.
La
dimora.
La
libertà di movimento.
Il
divieto di frequentare determinati locali.
Il
lavoro.
Il
divieto di svolgere attività o di avere rapporti personali che possono portare
al compimento di altri reati.
Le
Prescrizioni possibili sono:
Il
divieto di soggiornare in uno o più Comuni.
L’obbligo
di soggiornare in un Comune determinato.
L’adoperarsi,
in quanto possibile, in favore della vittima del suo reato.
L’adempiere
puntualmente agli obblighi di assistenza familiare.
Nel
periodo di affidamento le prescrizioni possono essere modificate dal Magistrato
di Sorveglianza, tenuto conto anche delle informazioni del Centro di Servizio
Sociale.
I
compiti del Centro di Servizio Sociale nel corso della misura sono aiutare il
condannato a superare le difficoltà d’adattamento alla vita sociale, al fine di
favorire il suo reinserimento, controllare la condotta del condannato in ordine
alle prescrizioni, svolgere azione di mediatori tra l’affidato, la sua famiglia
e gli altri suoi ambienti di vita in collaborazione con i servizi degli Enti
Locali delle e del privato sociale, riferire periodicamente, con frequenza
minima trimestrale, al Magistrato di Sorveglianza sull’andamento
dell’affidamento ed inviare allo stesso una relazione finale alla conclusione
della misura, fornire al Magistrato di Sorveglianza ogni informazione rilevante
sulla situazione di vita del condannato e sull’andamento della misura (ai fini
di un’eventuale modifica delle prescrizioni).
Se
nel corso dell’affidamento sopraggiunge un altro titolo di esecuzione di altra
pena detentiva il direttore del centro di servizio sociale informa il
Magistrato di Sorveglianza, che dispone la prosecuzione provvisoria della
misura se il cumulo delle pene da espiare non supera i tre anni.
Il
Magistrato di Sorveglianza trasmette poi gli atti al Tribunale di Sorveglianza,
che decide entro venti giorni la prosecuzione (o la cessazione) della misura.
Il
Magistrato di Sorveglianza sospende l’affidamento e trasmette gli atti al
Tribunale di Sorveglianza per le decisioni di competenza nei seguenti casi:
Quando
il Centro di Servizio Sociale lo informa di un nuovo titolo di esecuzione di
altra pena detentiva, che fa venir meno le condizioni per una prosecuzione
provvisoria della misura (residuo pena inferiore a tre anni).
Quando
l’affidato ha comportamenti tali (trasgredendo alle prescrizioni, o commettendo
dei reati) da determinare la revoca della misura.
L’affidamento
si conclude con l’esito positivo del periodo di prova, che estingue la pena ed
ogni altro effetto penale.
In
questo caso il Tribunale di Sorveglianza che ha giurisdizione nel luogo in cui
la misura ha avuto termine emette l’ordinanza di estinzione della pena, con la
revoca della misura, che può avvenire nei seguenti casi:
Comportamento
del condannato, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, ritenuto
incompatibile con la prosecuzione della prova.
Sopravvenienza
di un altro titolo di esecuzione di pena detentiva, che determini un residuo pena
superiore a tre anni.
In
questi casi il Tribunale di Sorveglianza che ha giurisdizione nel luogo nel
quale l’affidato ha la residenza o il domicilio, emette l’ordinanza di revoca e
ridetermina la pena residua da espiare (nel primo caso, anche valutando quanta
parte del periodo trascorso in affidamento possa essere computato come pena
scontata).
Alessandra Concas (da
diritto.it del 3.1.2014)