La
Corte Costituzionale
mercoledì 15 gennaio si pronuncerà sull'ammissibilità del referendum abrogativo
della riforma della geografia giudiziaria. A sostegno del referendum si
terranno in tutto il Paese manifestazioni nei giorni 9-10-11 gennaio. L’Associazione Nazionale Avvocati Italiani
parteciperà alle manifestazioni che si terranno (o si sono tenute, NdAGANews) oggi a Bassano del Grappa e a Melfi il
10 gennaio. "C’è ancora chi si ostina ad affermare che la soppressione di
31 Tribunali, 31 Procure, 220 Sezioni Distaccate e circa 700 uffici di Giudici
di pace costituisce la soluzione di tutti i mali della giustizia che così
inizierà a camminare speditamente per tutelare cittadini ed imprese. È questa
una colossale “menzogna” che non ha alcun riscontro con la realtà", ha
dichiarato il presidente Anai Maurizio De Tilla. "Con la riforma, invece, - ha continuato
De Tilla - aumenterà il declino della giustizia con decine di migliaia di
vecchi processi rimarranno “ibernati” in quanto trasferiti in altre sedi che
non sono in grado di accogliere le competenze accorpate, con conseguente
“rottamazione” dei fascicoli e del materiale cartaceo. Tale scempio si poteva evitare con una
doverosa pronuncia di incostituzionalità, ma la Corte Costituzionale
ha emesso una decisione di contenuto politico. Per fortuna non si è arresa
l’iniziativa di lotta di cittadini, comuni, regioni, istituzioni, avvocati e i
Consigli regionali di Puglia, Marche, Abruzzo, Calabria, Basilicata, Campania,
Piemonte, Liguria, Venezia Giulia, hanno chiesto di sottoporre la riforma della
geografia giudiziaria al giudizio popolare per l’abrogazione della
legge". L'Anai ribadisce che dalla
riforma non arriveranno risparmi ma anzi oltre 35 milioni di spese all’anno.
"Intanto - ha continuato De Tilla - va segnalato che il Governo sta
lavorando all’attuazione di una ulteriore idea geniale: trasferire il lavoro
dei rimanenti tribunali e da concentrare in pochi uffici giudiziari competenti
per tutte le controversie che riguardano le transazioni commerciali effettuate
dalle imprese. Un’operazione diabolica
che priva i cittadini del riconoscimento dei propri diritti dirottati in pochi
tribunali (per lo più intasati). Per accelerare i tempi della giustizia si
intende togliere la obbligatorietà di assistenza legale nelle procedure di
mediazione e si vuole introdurre l’istituto (di origine polacca) della sentenza
con motivazione eventuale se non dopo il pagamento del contributo per l’appello
ed impegno all’impugnativa". Il presidente Anai torna quindi ad attaccare
le annunciate misure in materia civile: "Invece di intervenire
sull'organizzazione della giustizia implementando il processo civile telematico
su tutto il territorio, invece che incrementare i giudici ed attrezzare la
giustizia con mezzi e risorse, il Governo Letta-Alfano e, per esso, il
Ministero della Giustizia se ne inventa una ogni tre-quattro mesi. Stavolta attacca frontalmente il processo
civile autorizzando i giudici a depositare sentenze senza alcuna motivazione
(che si può chiedere solo a pagamento), oppure scrivere sentenze con
motivazione succinta oppure "di riporto" con un semplice richiamo
alla sentenza di primo grado (senza nulla aggiungere). La motivazione della sentenza è funzionale
non solo alle parti per impugnare ma anche per consentire un pubblico controllo
dei poteri discrezionali del giudice. Vi è certezza che la norma che prevede
l’assenza di motivazione (o l’imposizione del pagamento di una somma per
ottenerla) contrasta con l’art. 111, comma 6, della Costituzione, secondo cui
tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati. Ma vi è ancora di
più: il giudice può condannare l'avvocato a pagare le spese di causa insieme al
cliente nel caso di lite ritenuta temeraria.
La previsione della condanna solidale dell'avvocato in caso di pronuncia
ex art. 96 c.p.c. è un ulteriore vulnus al diritto di difesa. Vanno espressi
seri dubbi quanto alla legittimità e opportunità della previsione che finisce
per incidere pesantemente sulla indipendenza dell’avvocato, specie a fronte
dell’art. 96, comma 3, c.p.c., che rimette alla totale discrezionalità del
giudice sia decidere sia pronunciare la condanna per responsabilità approvata,
sia determinarne l’ammontare. Siamo alla lucida follia di un pseudo Architetto
della nuova giustizia - ha concluso De Tilla - che non conosce l’importanza
della difesa dell’avvocato e la natura di un processo che si conclude con una
sentenza che va sempre motivata a prescindere dall’appello, con un onere che
rientra nei costi del grado di giudizio che si esaurisce e si completa con la
determinazione giudiziale".
(Da Mondoprofessionisti
del 9.1.2014)