Cass.
Pen., sez. IV, sent. 31.7.2013 n° 33207
Il
conducente del veicolo, oltre a dover rispettare le norme generiche di prudenza
ed ex art. 140 C.d.S.,
ha altresì l’obbligo di prevedere le eventuali imprudenze e trasgressioni degli
altri utenti della strada e di cercare di prepararsi a superarle senza danno
altrui. Il conducente del veicolo può essere esente da responsabilità, in caso
di investimento del pedone, solo qualora la condotta del pedone configuri, per
i suoi caratteri, una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista
né prevedibile, che sia stata da sola a produrre l’evento.
E’
questo il principio di diritto sancito dalla Suprema Corte con la recente
sentenza n. 33207/2013, con la quale gli ermellini hanno ribadito la massima
giurisprudenziale riportata ed hanno dichiarato l’inammissibilità del ricorso
presentato avverso la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Lecce.
La Corte territoriale, in particolare, aveva confermato la
sentenza emessa dal Giudice di prima cure con la quale l’appellante veniva
ritenuta colpevole del reato di omicidio colposo ex art. 589 c.p., per aver
cagionato, per violazione delle norme sulla disciplina della circolazione
stradale (ex art. 141 del Codice della Strada), la morte di un pedone.
Il
caso – Nell’anno 2004 un automobilista, che aveva investito un pedone poi
deceduto in conseguenza del sinistro, veniva ritenuto colpevole dal Tribunale
di omicidio colposo ex art. 589 c.p., con sentenza confermata anche dalla Corte
d’Appello.
L’imputato
ricorreva alla Suprema Corte, denunciando l’erronea valutazione delle
risultanze probatorie – facendo riferimento in particolare ad un’impronta di
una scarpa sulla propria auto - e ribadendo che il corpo si trovava già
sull’asfalto al momento dell’investimento e di conseguenza chiedeva il
riconoscimento delle attenuanti generiche.
Il
ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Suprema Corte, ma dall’attenta analisi
della pronuncia si ricava un principio assai interessante, che riguarda la
condotta dell’automobilista e del pedone, proprio in caso di investimento.
La
decisione della Corte – I Giudici della Suprema Corte procedono inizialmente ad
esaminare le norme che sono alla base del comportamento del conducente del
veicolo, tra le quali principalmente l’art. 140 del Codice della Strada, che
pone, quale principio generale della circolazione, l’obbligo di comportarsi in
modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione, in modo che
sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale, nonché l’art. 191, che
puntualizza le specifiche regole di condotta con riguardo al comportamento da
tenere nei confronti dei pedoni.
In
questa prospettiva, la regola prudenziale e cautelare fondamentale che deve
rispettare il conducente, è sintetizzata “nell’obbligo di attenzione” che
questi deve tenere al fine di “avvistare” il pedone in modo da poter porre in
essere efficacemente gli opportuni (rectius, i necessari) accorgimenti atti a
prevenire il rischio di un investimento.
Il
dovere di attenzione del conducente teso all’avvistamento del pedone in
particolare, secondo la Corte,
si sostanzia essenzialmente in tre obblighi comportamentali: “quello di
ispezionare la strada dove si procede o che si sta per impegnare; quello di
mantenere un costante controllo del veicolo in rapporto alle condizioni della
strada e del traffico; quello, infine, di prevedere tutte quelle situazioni che
la comune esperienza comprende, in modo da non costituire intralcio o pericolo
per gli altri utenti della strada, soprattutto dei pedoni”.
Tali
obblighi comportamentali sono essenziali per la prevenzione di eventuali
comportamenti irregolari ed imprudenti dello stesso pedone, o che violino obblighi
comportamentali specifici, dettati ex art. 190 del C.d.S. Il conducente quindi
ha, tra gli altri, anche l’obbligo di prevedere le eventuali imprudenze o
trasgressioni degli altri utenti della strada e di cercare di prepararsi a
superarle senza danno altrui (Cass. Pen. Sez. IV sentenza n. 1207/1992).
In
definitiva, in caso di investimento del pedone, il conducente del veicolo va
esente da responsabilità se, e solo se, sia accertato che la condotta del
pedone configuri, per i suoi caratteri, una vera e propria causa eccezionale,
atipica, non prevista né prevedibile, che sia stata da sola a produrre
l’evento, ex art. 41 c.p. comma 2.
In sostanza quindi, tale fattispecie può accadere solo
allorquando il conducente del veicolo investitore – nella cui condotta non sia
ovviamente ravvisabile alcun profilo di colpa, sia generica che specifica – si
sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza,
nell’oggettiva impossibilità di “avvistare” il pedone e di osservarne,
comunque, tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso,
imprevedibile. Solo in tal caso, infatti, l’incidente potrebbe ricondursi,
eziologicamente, proprio ed esclusivamente alla condotta del pedone, avulsa
totalmente dalla condotta del conducente ed operante in assoluta autonomia
rispetto a quest’ultima.
(Da Altalex del
23.12.2013. Nota di Raffaele Plenteda e Giuseppe Scordari)