Il ministro sbotta: credono che la loro
conferenza a Napoli sia più importante di Mosca.
L'Oua replica: che siffatti
atteggiamenti sono incompatibili con la Funzione Ministeriale.
Non andremo all'incontro del 24 gennaio.
Un
dato è ormai certo: la
Cancellieri odia gli avvocati. La denuncia rumorosa di ieri
all’apertura dell’VII Conferenza dell’Avvocatura da parte degli avvocati del
Movimento Forense Libera Avvocatura e dalle associazioni Forensi Toghe
Napoletane e Magna Carta ha irritato il ministro della giustizia. “Gli avvocati
credono – è sbottata piccata il ministro della Giustizia - che loro conferenza
Napoli sia più importante di Mosca. Ma dal punto di vista del Paese la mia
presenza qui è molto significativa". Insomma la responsabile di via
Arenula non ha gradito quello che definito “la gazzarra” di ieri. A lei replica
il presdiente dell’Oua, Nicola Marino: “Non adremo all'incontro con il Ministro
del 24 gennaio. Sono toni ancora una volta non rispettosi dell’alta funzione
che la Costituzione
attribuisce alla professione Forense. Il Ministro, dopo avere assicurato la
presenza all’Assise, ha ritenuto prioritario recarsi invece a Mosca per, come
si evince dala calendario degli impegni pubblicato sul sito del Ministero,
“l’organizzazione di seminari, visite e partecipazioni a convegni per lo
scambio di esperienze nel campo della formazione giuridica e penitenziaria”,
mentre a Napoli l’Avvocatura ha proposto soluzioni concrete e di immediata
efficacia per superare le inefficienze della Giustizia italiana. Siffatti
atteggiamenti sono incompatibili con la Funzione Ministeriale”.
Sulla stessa linea il presidente dell’Unione delle Camere Civile, Renzo Menoni:
“È la conferma che la
Cancellieri non ha le competenze per fare il ministro della
giustizia”. “Sarò un bravo prefetto – incalza Ester Perifano, segretario
dell’Associazione Nazionale Forense – ma di giustizia sembra non capire nulle.
Per fare il Guardasigilli ci un soggetto che sia competente della
materia”. Più tecnico il commento del
presidente dell’Anai, l’associazione nazionale degli avvocati italiani,
Maurizio de Tilla. "Occorre aumentare il tasso di “lucidità giuridica” del
legislatore (Parlamento e uffici legislativi)" ha dichiarato de Tilla.
Secondo l'analisi dell'Anai, eccesso di produzione normativa, complessità dei
fenomeni sociali e della qualità non sempre adeguata dei testi legislativi, più
spesso destinati alla comunicazione politica di quanto non lo siano alla
disciplina dei rapporti giuridici, hanno portato la legge a perdere la sua
potenza simbolica e la capacità di regolare efficacemente i comportamenti dei
cittadini. "Di fronte all’improvvisazione del legislatore - ha detto De
Tilla - è spesso il cittadino comune a pagarne le gravi conseguenze". De
Tilla inoltre sottolinea "che è una prassi diffusa in Italia l’assenza di
una valutazione preventiva delle conseguenze di una legge: L’analisi di impatto
della regolamentazione (AIR), introdotta nel sistema italiano - sulla base
delle indicazioni dell’Unione europea relative alla Better regulation - già nel
1999, e rafforzata tra il 2001 e il 2011, è ancora scarsamente utilizzata. In Italia manca quasi sempre la valutazione
preventiva delle conseguenze di una legge. Di qui l’emanazione di leggi che
provocano risultati disastrosi e negativi. Un esempio clamoroso è dato dalla
normativa in tema di revisione delle circoscrizioni giudiziarie. Infine è da
segnalare che la giustizia funziona male anche perché la disciplina italiana
della responsabilità del giudice è lacunosa e va modificata".
Luigi Berliri (da
Mondoprofessionisti del 17.1.2014)