Va
dichiarato il difetto di giurisdizione amministrativa in relazione ad una
censura inerente la violazione della disciplina in tema di pubblicità
dell’avviso di mobilità. L’istituto in questione, infatti, attiene alla
gestione del rapporto lavorativo e non presuppone in senso stretto l’esercizio
di un potere amministrativo, che giustifichi all’indomani della privatizzazione
dell’impiego alle dipendenze della pubblica amministrazione, la giurisdizione
del g.a.
Al
riguardo è stato richiamato l’orientamento del Cons. stato, sez. V, 12
settembre 2011, n. 5985, che riprende quello delle sezioni Unite della
Cassazione (Cass. Sez. Un. Ordinanza del 9 settembre 2010, n. 19251) secondo il
quale:” in tema di mobilità per passaggio diretto tra pubbliche
amministrazioni, disciplinata attualmente dall’art. 30 del d.lgs 30 marzo 2001
n. 165, integrando siffatta procedura una mera modificazione soggettiva del
rapporto di lavoro con il consenso di tutte le parti e, quindi, una cessione
del contratto, la giurisdizione sulla controversia ad essa relativa (nella
specie, instaurata dal dipendente al quale era stato preferito altro candidato
al posto da coprire tramite mobilità interna) spetta al giudice ordinario, non
venendo in rilievo la costituzione di un nuovo rapporto lavorativo a seguito di
procedura selettiva concorsuale, e dunque, la residuale area di giurisdizione
del giudice amministrativo di cui al quarto comma dell’art. 63 del d.lgs n.
165/2001.
Nel
caso di controversie in cui ad agire in giudizio siano enti esponenziali di
interessi collettivi ( nella specie si trattava di una associazione sindacale
dei dirigenti), non può riconoscersi legittimazione attiva in presenza di un
conflitto di interessi interno di detti enti (nella specie sussisteva un
contrasto tra le categorie omogenee dei dirigenti e dei funzionari direttivi, i
primi potenzialmente agevolati dall’originario ricorso, i secondi invece
potenzialmente danneggiati dallo stesso.)
Il
principio della mobilità dei pubblici dipendenti previsto dall’art. 30 comma 1
e 2 bis, d.lgs n. 165/2001, si impone anche alle Regioni, seppure con
differente impatto, a seconda che si tratti di mobilità d’ufficio o di mobilità
volontaria. In particolare, nell’ipotesi, di mobilità volontaria, in assenza di
un fine superiore, quale quello del mantenimento dei contratti lavorativi in
essere, deve riconoscersi all’Amministrazione regionale il potere di
determinare quanti posti coprire mediante mobilità volontaria.
L’istituto
della mobilità volontaria, la cui disciplina è contenuta nell’art. 30 d.lgs
165/2001, non si impone alle Regioni in modo tale che non sia possibile bandire
un concorso a copertura dei posti vacanti in pianta organica, se non previo
tentativo di reperire per tutte le necessarie risorse umane attingendo ad altre
pubbliche amministrazioni, grazie all’istituto della mobilità volontaria,
potendo la Regione,
con congrua motivazione, precisare quali sono le ragioni per le quali si
preferisce reperire sul mercato, piuttosto che tra i dipendenti già in servizio
presso altre amministrazioni, le professionalità necessarie.
Un
argomento che corrobora il principio affermato, secondo la sentenza in
rassegna, può trarsi dalla lettura del dato testuale dell’art. 30 e da un
confronto con quello dell’art. 34-bis, d.lgs 165/2001. Quest’ultima norma,
infatti, dispone che le amministrazioni pubbliche, sono tenute ad utilizzare la
procedura della mobilità d’ufficio prima di avviare le procedure di assunzione
di personale e le eventuali assunzioni effettuate in violazione di tale
previsione sono nulle di diritto.
Al
contrario, l’art. 30, d.lgs n. 165/2001, dispone che: ”Le amministrazioni
possono ricoprire posti vacanti in organico mediante cessione del contratto di
lavoro…” e che sono nulli gli accordi, gli atti o le clausole dei contratti
collettivi volti ad eludere l’applicazione del principio del previo esperimento
di mobilità rispetto al reclutamento di nuovo personale”.
Quindi,
mentre nel primo caso la nullità scatta in caso di violazione della disciplina,
nel secondo è l’elusione del principio del previo esperimento di mobilità, che
determina la patologia dell’atto, dal chè si evince come in capo
all’amministrazione regionale residui un potere discrezionale, che deve essere
orientato al rispetto del principio del previo esperimento di mobilità rispetto
al reclutamento di nuovo personale, la cui osservanza deve essere dimostrata
dall’amministrazione in sede di motivazione.
Antonino Casesa (da
diritto.it del 29.1.2014)