mercoledì 15 gennaio 2014

Non è testimone il minore ascoltato in separazione genitori

L’ascolto del minore nel processo di separazione dei genitori non è una prova testimoniale: allora quale valore probatorio hanno le sue dichiarazioni?

Nel giudizio di separazione il giudice, prima di provvedere sull’affidamento dei figli, ascolta i minori che abbiano compiuto dodici anni o anche più piccoli purché abbiano capacità di discernimento [1].

Tale ascolto non va però considerato come prova testimoniale, in quanto il minore non è testimone che depone a favore di uno o dell’altro genitore in conflitto. Il minore viene sentito dal giudice quale parte interessata al provvedimento che sarà conseguenza della separazione: cioè il suo affidamento.

I figli hanno, infatti, un interesse diverso da quello dei loro genitori: questi ultimi agiscono per ottenere una sentenza di separazione che disciplini la loro vita familiare dopo la cessazione della convivenza.

Il minore ha, invece, un interesse personale ad essere sentito dal giudice prima che questi decida il genitore affidatario, la tipologia di affidamento, la regolazione del diritto di visita.

Secondo la giurisprudenza maggioritaria [2] in materia di provvedimenti nel giudizio di separazione, il giudice deve ordinare obbligatoriamente l’ascolto del minore purché questo non danneggi la sua personalità. Ciò in quanto l’ascolto del figlio minore serve, da un lato, ad attuare il diritto di quest’ultimo di essere sentito per i provvedimenti che lo riguardino direttamente (per es. affidamento) e dall’altro a garantire che il giudice conosca, per quanto possibile, gli interessi del minore stesso e giunga alla decisione più adeguata per la loro attuazione.

L’ascolto del bambino, anche con l’aiuto di un esperto, può infatti aiutare il giudice a comprendere la situazione familiare dal punto di vista della prole e prendere le decisioni più idonee a garantire che il bambino, nonostante la separazione, mantenga un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori e veda soddisfatte le più importanti esigenze materiali e affettive.

Dunque, il minore non può essere considerato testimone ma neppure parte del giudizio di separazione (le cui parti sono unicamente i genitori in conflitto).

Allora come può essere definito, dal punto di vista processuale, il minore che viene ascoltato durante il processo di separazione dei genitori? Secondo la Corte Costituzionale [3], il minore deve essere considerato “parte sostanziale”, cioè titolare di interessi propri, contrapposti o diversi da quelli dei genitori, interessi che comunque rilevano nel giudizio di separazione e che, ovviamente, meritano considerazione in sede di affidamento e di diritto di visita.

Il fatto che la dichiarazione del minore, nell’ambito dei giudizi di separazione con provvedimenti che riguardano la prole, non possa considerarsi prova testimoniale implica alcune conseguenze. Innanzitutto la dichiarazione non è soggetta a tutte le regole procedurali previste per l’audizione dei testimoni (giuramento, deposizione dinanzi al giudice e alla presenza dei difensori, contraddittorio tra le parti). Si pensi che effetto avrebbe sulla psiche del minore (e sulla spontaneità delle sue parole) essere ascoltato dinanzi a madre, padre e rispettivi difensori, giudice, periti ed essere assalito da domande e contro domande volte ad avvantaggiare o meno la posizione di uno dei genitori.

Inoltre, la dichiarazione del minore non essendo prova testimoniale, non può essere valutata dal giudice come tale e pertanto non potrà essere utilizzata per la decisione circa provvedimenti che riguardino la coppia. L’ascolto del minore è, infatti, finalizzato unicamente all’emanazione di provvedimenti giudiziali relativi alla prole: affidamento e diritto di visita e frequentazione.

In sintesi, l’ascolto del minore, quando è possibile, deve essere disposto solo per l’attuazione dei suoi interessi nell’ambito della famiglia che sta per dividersi. La “malleabilità” dei bambini non deve, invece, essere sfruttata dal genitore come arma a proprio vantaggio nei giudizi di separazione. Gli addetti alla giustizia (giudici e avvocati in primis) devono fare di tutto per evitare che ciò accada.


[1] Art. 155-sexies cod. civ.
[2] Cass. sez. unite sent. n. 22238 del 21 ottobre 2009.
[3] Corte Cost. sent. n. 1/2002.

Maria Monteleone (da laleggepertutti.it del 14.1.2014)