Il verbale fa fede fino a prova
contraria, la prestazione di mansioni tipiche
fa presumere l'esistenza di rapporti di
natura subordinata
Non
si salva dalle sanzioni il datore se gli ispettori Inps hanno visto con i loro
occhi il personale in nero che lavora in azienda. A meno che l'imprenditore non
sia in grado di produrre prove di segno contrario in grado di smentire il
verbale steso dai funzionari dell'istituto previdenziale. Diversamente
risulterà inevitabile il pagamento della somma reclamata dall'Agenzia delle
entrate. È quanto emerge dalla sentenza 9594/12, pubblicata il 13 giugno dalle
Sezioni unite civili della Cassazione (competenti per una questione di
giurisdizione in materia delle relative sanzioni, che appartiene al giudice
ordinario dopo la sentenza 130/08 della Corte costituzionale).
Onere
della prova
È
costretto a sborsare più di 20 mila euro il ristoratore "beccato" con
le mani nel sacco: gli ispettori dell'ente constatano l'utilizzo di due lavoratori
irregolari in tipiche mansioni del settore, dunque camerieri o cuochi. E la
legge 732/02 non scherza con chi ha il personale in nero: la sanzione per
l'impiego di prestatori d'opera che non risultano registrati nelle scritture
aziendali e nelle altre documentazioni obbligatorie è compresa fra il 200 e il
400 per cento del costo del lavoro calcolato sulla base dei contratti
collettivi nazionali, il tutto per il periodo compreso tra l'inizio dell'anno e
la data di constatazione della violazione. E ciò per ognuno degli irregolari.
Ne fa le spese, dunque, il ristoratore che non riesce a smentire il verbale
Inps: gli ispettori verificano in modo diretto la presenza attiva dei due
dipendenti in nero, riportandone le generalità. L'azienda avrebbe dovuto invece
allegare in modo pertinente circostanze contrarie tramite prove documentali
oppure con capitolazione di prova orale. Invece il verbale resta molto
convincente e l'imprenditore paga anche le spese di giudizio all'Agenzia delle
entrate.
Dario Ferrara (da
cassazione.net)