Corte dei Conti – Sez. Giurisdiz. per la Sicilia, Sent. 8.3.2012,
n. 786
Non
procura alcun danno erariale il vicesegretario comunale che si è “auto
liquidato” diritti di rogito contrattuali in misura eccessiva rispetto a quella
prevista dalle norme contrattuali vigenti.
Così
ha deciso la Corte
dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana,
con la sentenza n. 786/2012.
Nello
specifico, il caso in oggetto riguardava l’accusa del procuratore regionale al
vice segretario generale del Comune di X, di avere egli indebitamente percepito
una somma relativa ai diritti di rogito contrattuali in eccesso alla misura
spettategli, secondo i criteri di quantificazione individuati dal Ministero
dell’economia e delle Finanze e dell’Aran.
Si
è costituito il convenuto chiedendo il rigetto della domanda attorea per
manifesta infondatezza, sostenendo la legittimità e liceità del proprio atto e
la corretta quantificazione dei diritti spettanti nei limiti di 1/3 dello
stipendio annuale.
Il
quadro normativo contrattuale di riferimento è composto dall’art. 25 del CCNL
autonomie locali per il personale dirigenziale del 25 febbraio 2006; l’art. 11
del CCNL autonomie locali per il personale non dirigenziale del 9 maggio 2006.
Stante
la rilevante incertezza interpretativa delle citate norme contrattuali, ed alla
luce del parere della Ragioneria Generale dello Stato del 7 aprile 2008 che ha
recepito a sua volta il parere ARAN, nonché i due pareri sez. Lombardia n.
22/2007 e sez. Toscana n. 7/2007, oltre al parere della sezione autonomie n.
15/2008 e Sardegna 3/2008, si deve escludere la colpa grave del convenuto.
A
tal riguardo, assume rilievo la specifica disciplina prevista dall’art. 45 del
Decreto Legislativo n. 165/2001, a mente del quale:” Il trattamento economico
fondamentale e accessorio… è definito dai contratti collettivi. Le
amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti di cui all’art. 2,
comma 2, parità di trattamento contrattuale e comunque trattamenti non
inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratti collettivi.”
Pertanto,
ciascuna amministrazione non può esimersi dall’applicare al dipendente il
trattamento economico previsto dal rispettivo contratto collettivo ( Cons. di
Stato, sez. IV, n. 1191/1999). Nel caso in esame, quello previsto per i diritti
di rogito dall’art. 25 del CCNL autonomie locali per il personale dirigenziale
del 25 febbraio 2006, nei limiti di un terzo dello stipendio annuale in
godimento di vicesegretario.
La Corte dei Conti ha poi rilevato, incidentalmente,
l’inefficacia della clausola contenuta nel comma 2, che prevede il tetto
massimo dei diritti di rogito per entrambi i soggetti (segretario e
vicesegretario) complessivamente e contestualmente, in 1/3 dello stipendio in
godimento del segretario.
Tale
norma contrattuale, incidendo sullo stato giuridico ed economico dei segretari
comunali ha oltrepassato i limiti di efficacia della specifica contrattazione
collettiva prevista esclusivamente per il personale non dirigente degli enti
locali, atteso che i segretari comunali costituiscono un separato ed autonomo
comparto contrattuale.
La
suddetta clausola deve quindi considerarsi inefficace ai sensi del combinato
disposto dell’art. 45, Decreto Legislativo 165/2001, dell’art. 1325, n. 1 e
1398 c.c. per l’assenza delle rappresentanze sindacali dei segretari comunali,
in quanto incide comunque sul loro stato giuridico ed economico relativo ai
diritti di rogito.
Sulla
scorta delle suesposte argomentazioni, la Corte dei Conti ha ritenuto non sussistente
responsabilità in capo al convenuto per il fatto che egli si sia auto liquidato
i diritti di rogito con propria determinazione dirigenziale.
(Antonino Casesa– da
filodiritto.com del 26.5.2012)