Compete
al sanitario dimostrare il diverso significato dei contenuti del
documento. Accolto il ricorso del
paziente La Suprema
corte rilancia l'importanza di quanto il medico riporta sulla cartella clinica.
Infatti sul suo contenuto si può fondare la responsabilità del sanitario che ha
sbagliato l'intervento. Non solo, con la sentenza n. 9290 dell'8 giugno 2012,
la terza sezione civile della Corte di cassazione ha stabilito, accogliendo il
ricorso del paziente, che l'onere della prova contraria incombe sul camice
bianco.
Gli
Ermellini sono intervenuti sul caso di un paziente che era rimasto paralizzato
in seguito a una medicazione, a suo avviso sbagliata, al cranio.
Nella
cartella clinica era riportato l'uso di tre farmaci, uno dei quali avrebbe
provocato la grave invalidità permanente. Secondo la Cassazione, che ha
ribaltato il verdetto di merito, il contenuto del documento è sufficiente a
inchiodare il sanitario.
Sul
punto in sentenza si legge che l'utilizzo contemporaneo dei tre medicamenti -
dal consulente ritenuti idonei a causare l'evento lesivo - risultava dalla
cartella clinica, compilata dai medici. «Cartelle di cui il medico ha l'obbligo
di controllare la completezza e l'esattezza, ai sensi dell'art. 1176, comma
secondo, cod. civ.». Da ciò deriva che, «quanto attestato nella cartella
clinica, deve ritenersi effettivamente accaduto, a meno che i medici non
provino il diverso significato da attribuire al contemporaneo richiamo nella
cartella delle tre sostanze (come usate, separatamente, in medicazioni distinte
effettuate nei giorni precedenti, secondo ordinari protocolli sempre seguiti
nella prassi)».
Debora Alberici (da
cassazione.net)