martedì 26 giugno 2012

Mobili diversi da quelli concordati, risoluzione per committente insoddisfatto


Per poter risolvere il contratto di appalto per i vizi dell’opera, si richiede un inadempimento più grave di quello richiesto per la semplice risoluzione della compravendita dovuta ai vizi della cosa. La valutazione circa le difformità è basata su criteri subiettivi quando si esplicita nel contratto un particolare impiego dell’opera. E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione, nell’ ordinanza n. 7942/2012.
Il caso. Una società promuoveva ricorso contro un privato per ottenere la condanna al pagamento di un’ingente somma a titolo di corrispettivo per mobili e arredi casalinghi eseguiti su misura. L’uomo, dal canto suo, proponeva domanda riconvenzionale oppure la riduzione del corrispettivo. Riformando la decisione del giudice di prime cure, la Corte territoriale riteneva la parziale fondatezza del gravame principale e, in accoglimento della riconvenzionale, statuiva la risoluzione del contratto. La società ricorre per cassazione.
Il giudizio di legittimità. Per la Suprema Corte, ai fini della risoluzione del contratto di appalto per i vizi dell’opera si richiede un inadempimento più grave di quello richiesto per la risoluzione della compravendita per i vizi della cosa. Pertanto, la possibilità di chiedere la risoluzione del contratto di appalto è ammessa solo nell’ipotesi in cui l’opera sia totalmente inadatta alla destinazione propria e affetta da tare incidenti in modo notevole sulla funzionalità complessiva. Qualora i vizi siano agevolmente eliminabili, il committente può solo domandare uno dei rimedi ex art. 1668 c.c., salvo il risarcimento del danno per colpa dell’appaltatore. La valutazione delle difformità deve avvenire in base a criteri obiettivi, ossia considerando la destinazione che l’opera riceverebbe dalla generalità delle persone; invece va compiuta con criteri subiettivi quando le possibilità di un particolare impiego siano appositamente dedotte in contratto. Spetta poi al committente provare la sussistenza dei vizi dedotti, mentre compete all’appaltatore addurre l’esistenza di eventuali cause impedenti la rivalsa del diritto. Nel caso in esame, i giudici di merito hanno accertato che la mobilia era di una tipologia affatto diversa rispetto a quella concordata. Del resto il prezzo complessivo pattuito con riferimento all’arredo, assai elevato, e la mancata rifinitura dello stesso, hanno indotto il giudice di seconde cure a considerare la prestazione unitaria come del tutto inadeguata alla finalità preordinata. Non poteva che conseguirne, quindi, la risoluzione del contratto per inadempimento.

(Da avvocati.it del 22.6.2012)