Sospeso
il diritto di visita fissato nell’ambito della separazione tra i coniugi,
poiché la figlia rifiuta di incontrare il padre. Ma alla base di questa
decisione c’è la pressione esercita dalla madre: quest’ultima deve risarcire
l’uomo. Ad affermarlo è la Corte
di Cassazione, nella sentenza n. 7452/2012.
Il caso. A chiedere la separazione personale è la donna, e
la richiesta viene accolta dal Tribunale, che, tra l’altro, stabilisce
«l’affidamento condiviso della figlia minore della coppia», con «collocamento
presso la madre» ma anche con «obbligo dei genitori di intraprendere un
percorso di mediazione familiare» per migliorare i rapporti genitori-figlia.
Sempre in primo grado, viene anche stabilita «la sospensione del diritto di
visita del padre» alla luce del «rifiuto opposto dalla figlia». Alla base
dell’atteggiamento tenuto dalla bambina, ci sono però le azioni compiute dalla
madre. A quest’ultima, difatti, i giudici addebitano la sindrome da alienazione
genitoriale che ha colpito la figlia. Per questo, le viene addossato l’onere di
risarcire i danni provocati in ambito familiare: 20mila euro in favore della
figlia, 15mila euro in favore del marito. Su quest’ultimo punto è la Corte d’Appello – a cui si
rivolge la donna – a prendere posizione, con un aggiornamento ad hoc della
pronuncia di primo grado: risarcimento riconosciuto solo all’uomo, e
quantificato in 10mila euro. La donna presenta ricorso per cassazione,
contestando le valutazioni tecniche compiute in primo e in secondo grado:
«nessuno degli specialisti aveva condiviso la diagnosi di sindrome da
alienazione parentale». Non solo. Sempre secondo la ricorrente, «l’obbligatoria
audizione della minore» era stata ‘saltata’ a pie’ pari, senza poi dimenticare
«il disinteresse» manifestato dal marito nei confronti della figlia e la
necessità di legare la sindrome da alienazione parentale alla «grave
conflittualità fra i genitori».
Il giudizio di legittimità. Tuttavia, la decisione del Tribunale, confermata -
seppur parzialmente modificata - in Appello, è ritenuta pienamente legittima da
piazza Cavour: nessuna contestazione è possibile sull’iter seguito per
inquadrare i problemi psicologici della minore. Ed è assolutamente lineare
anche il ragionamento sulla responsabilità addebitata alla madre, alla luce
delle accuse, non legittime, mosse al marito. Di conseguenza, è da confermare
il risarcimento riconosciuto a favore dell’uomo.
(Da avvocati.it del
12.6.2012)