Tribunale Brindisi, sez. Ostuni, ordinanza
3.4.2012
Tetto
massimo al risarcimento: i valori tabellati, per il danno biologico permanente
(come per l’inabilità temporanea totale) non sono idonei ad assicurare la
garanzia del principio di effettività della tutela risarcitoria del danno,
inteso quale liquidazione sufficientemente congrua ed equa, quale sarebbe
quella assicurata dalla applicazione delle Tabelle di Milano.
Così
il Tribunale di Brindisi, sezione di Ostuni, nella “articolata” ordinanza 3
aprile 2012 sul codice delle assicurazioni.
Nella
interessante e “ricostruita” decisione del giudice di merito, si evince che se
è vero che, in virtù della ricostruzione unitaria del danno non patrimoniale
(ricostruzione effettuata analiticamente nella decisione de qua) operata dalle
ben note sezioni unite del 2008, la voce del danno biologico deve ricomprendere
anche il pregiudizio estetico, ed i profili relazionali (integranti il danno
alla vita di relazione) ne deriva che (proprio con riferimento alla
interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 2058 c.c.) lo
strumento del contenuto aumento percentuale dovrebbe ovviare alla risarcibilità
di tali profili di danno biologico in modo tale da risultare ex se
insufficiente a consentire la liquidazione di una equa misura risarcitoria.
Già
la Corte
Costituzionale, ricorda il tribunale, ha avuto modo, nel
1985, con la sentenza n. 132, di precisare che l’individuazione legislativa di
un limite alla responsabilità non è sufficiente ad integrare l’illegittimità
costituzionale della norma, sebbene “importi una deroga al principio del
risarcimento integrale del danno”.
Nella
fattispecie oggetto di controversia non ricorrono i meccanismi di compensazione
con conseguente esonero del danneggiato dalla prova della violazione di una
regola di condotta specifica (cfr. sul punto Gdp Torino ottobre 2011).
Tale
limitazione deve essere vagliata alla stregua sia delle norme costituzionali
che dei parametri comunitari, i quali impongono l’effettività della tutela; per
quanto la disapplicazione della norma de qua, si legge testualmente in
sentenza, “ per la sua anticomunitarietà, sia sempre possibile, il giudicante
non può esimersi dal sollevare la questione di costituzionalità”.
Da
ciò, quindi, visti gli articoli 134 della carta costituzionale e 23 della legge
87/1953, il tribunale ritenuta rilevante la questione di legittimità
costituzionale dell’articolo 139 (nei commi 1, 3 e 6) per violazione delle
norme costituzionali (artt. 2, 3, 24, 32, 76 e 117) ha disposto la sospensione
del procedimento ordinando la trasmissione della decisione alla Corte
Costituzionale.
(Da Altalex del
5.6.2012. Nota di Manuela Rinaldi)