venerdì 15 giugno 2012

Danno biologico: se tabella non garantisce tutela risarcitoria


Tribunale Brindisi, sez. Ostuni, ordinanza 3.4.2012

Tetto massimo al risarcimento: i valori tabellati, per il danno biologico permanente (come per l’inabilità temporanea totale) non sono idonei ad assicurare la garanzia del principio di effettività della tutela risarcitoria del danno, inteso quale liquidazione sufficientemente congrua ed equa, quale sarebbe quella assicurata dalla applicazione delle Tabelle di Milano.
Così il Tribunale di Brindisi, sezione di Ostuni, nella “articolata” ordinanza 3 aprile 2012 sul codice delle assicurazioni.
Nella interessante e “ricostruita” decisione del giudice di merito, si evince che se è vero che, in virtù della ricostruzione unitaria del danno non patrimoniale (ricostruzione effettuata analiticamente nella decisione de qua) operata dalle ben note sezioni unite del 2008, la voce del danno biologico deve ricomprendere anche il pregiudizio estetico, ed i profili relazionali (integranti il danno alla vita di relazione) ne deriva che (proprio con riferimento alla interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 2058 c.c.) lo strumento del contenuto aumento percentuale dovrebbe ovviare alla risarcibilità di tali profili di danno biologico in modo tale da risultare ex se insufficiente a consentire la liquidazione di una equa misura risarcitoria.
Già la Corte Costituzionale, ricorda il tribunale, ha avuto modo, nel 1985, con la sentenza n. 132, di precisare che l’individuazione legislativa di un limite alla responsabilità non è sufficiente ad integrare l’illegittimità costituzionale della norma, sebbene “importi una deroga al principio del risarcimento integrale del danno”.
Nella fattispecie oggetto di controversia non ricorrono i meccanismi di compensazione con conseguente esonero del danneggiato dalla prova della violazione di una regola di condotta specifica (cfr. sul punto Gdp Torino ottobre 2011).
Tale limitazione deve essere vagliata alla stregua sia delle norme costituzionali che dei parametri comunitari, i quali impongono l’effettività della tutela; per quanto la disapplicazione della norma de qua, si legge testualmente in sentenza, “ per la sua anticomunitarietà, sia sempre possibile, il giudicante non può esimersi dal sollevare la questione di costituzionalità”.
Da ciò, quindi, visti gli articoli 134 della carta costituzionale e 23 della legge 87/1953, il tribunale ritenuta rilevante la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 139 (nei commi 1, 3 e 6) per violazione delle norme costituzionali (artt. 2, 3, 24, 32, 76 e 117) ha disposto la sospensione del procedimento ordinando la trasmissione della decisione alla Corte Costituzionale.

(Da Altalex del 5.6.2012. Nota di Manuela Rinaldi)