Il
contribuente che ha registrato regolarmente le fatture e provveduto ad
effettuare le liquidazioni periodiche ma non ha presentato la dichiarazione
annuale può effettuare la compensazione del credito annuale, ai sensi dell’art.
17 D.Lgs. 241/1997, quando il medesimo è stato riconosciuto dall’agenzia delle
entrate.
Questa
è la conclusione alla quale è pervenuta la commissione tributaria provinciale
di Pisa con la sentenza 83/2/12 depositata il 5/4/12.
L’agenzia
delle entrate rilevato che il contribuente, pur non avendo presentato la dichiarazione ai fini IVA per
gli anni 2005 e 2006, aveva utilizzato i
crediti IVA in compensazione orizzontale con specifici modelli F24, con
separati atti relativi ai predetti anni procedeva recuperare l’imposta
indebitamente utilizzata in compensazione oltre agli interessi irrogando,
contestualmente, la sanzione nella
misura del 30%.
Il
contribuente radicava distinti ricorsi dinanzi alla competente commissione
tributaria chiedendo, in via preliminare,
l’ammissibilità del ricorso anche se l’atto ricevuto non era compreso
tra quelli previsti dall’art. 19 del D.Lgs. 546/1992 e, nel merito,
l’annullamento del medesimo adducendo più argomentazioni.
L’agenzia
delle entrate si costituiva ritualmente nel giudizio sostenendo, in via
preliminare, l’inammissibilità del ricorso argomentando poi la differenza tra
diritto
al rimborso e diritto alla compensazione chiedendo comunque il rigetto del
gravame.
La
commissione riuniva i ricorsi e, aderendo all’interpretazione estensiva
dell’articolo 19 del D.Lgs. 546/1992, li dichiarava ammissibili in quanto
proposti avverso atti relativi ad una pretesa creditoria dell’ente pubblico
cioè funzionali a portare a conoscenza dell’interessato una determinata pretesa
tributaria, definita in relazione all’an che al quantum, rispetto alla quale
sorge l’interesse del contribuente alla tutela giurisdizionale per il controllo
della legittimità sostanziale della stessa .
I
giudici pisani, premettono una considerazione generale di rango costituzionale
con riflessi sul versante dell’interpretazione delle norme tributarie secondo
la quale l’incertezza interpretativa va risolta alla stregua di principi
costituzionali e, laddove il tributo risulti sproporzionato rispetto alla
capacità contributiva, le relative norme dovranno tener conto della suddetta
regola d’indirizzo e, inoltre, che la decadenza legale è un istituto di
carattere eccezionale in quanto deroga al principio generale secondo il quale
l’esercizio dei diritti soggettivi non è sottoposto a limiti ed il titolare può
esercitarli quando, come o dove gli pare opportuno, con la conseguenza che le
norme che stabiliscono la decadenza non sono suscettibili di interpretazione
analogica.
La
commissione, entrando nel merito, rileva
che l’agenzia delle entrate ha verificato per tabula, mediante la verifica
delle scritture contabili, l’esistenza effettiva del credito IVA per l’anno
2005 e 2006 che il contribuente ha utilizzato successivamente in compensazione
in F24 affermando che, in mancanza di
una norma chiara a livello di fonti normative, anche se esistono fonti esplicative a favore
dell’amministrazione finanziaria, occorre preferire l’interpretazione più
favorevole al contribuente per essere in linea con il principio della capacità
contributiva costituzionalmente imposto oltre che all’interprete al
legislatore.
L’ufficio,
secondo i giudici toscani, interpreta l’art. 17 del D.Lgs. 241/1997 nel senso
che la compensazione è possibile soltanto quando i crediti d’imposta emergono
dalla dichiarazione il che non si rileva dalla lettura della norma che,
nell’ultima parte del primo comma,
segnala che “.. tale compensazione deve essere effettuata entro e non oltre
la data di presentazione della dichiarazione successiva”. L’elemento
condizionante della validità della compensazione operata, quindi, è che la
stessa deve operarsi, e solo, in una determinata modalità cronologica stabilita
per relationem.
La
commissione annulla l’atto notificato
con spese compensate .
Enzo Sollini (da
diritto.it del 16.6.2012)