Cass. Civ. Sez. Terza Civile, sent. n.
7499 del 14.5.2012
Con
sentenza del 14 maggio 2012, i giudici della terza sezione civile della Corte
hanno cassato la sentenza della Corte d’Appello di Firenze, giudicando
irrisoria la determinazione equitativa (euro 1500, comprensiva di danno
biologico e morale) riconosciuta ai ricorrenti, per le sofferenze patite nel
corso delle dodici ore che hanno preceduto il decesso del congiunto a seguito
di sinistro stradale, così quantificata per la brevissima sopravvivenza e la
gravità delle lesioni subite.
Secondo
gli ermellini, “in tal modo statuendo il giudice dell’appello:
a)
non ha tenuto conto di fattori di personalizzazione che in tal caso debbono
valere in modo assai elevato, perché si verte in tema di lesioni di valori
inerenti alla persona ed in quanto tali privi di contenuto economico;
b)
non ha considerato l’intensità del vincolo familiare, la situazione di
convivenza ed ogni altra utile circostanza, quali l’abitudine di vita, l’età
della vittima e dei singoli superstiti”, privilegiando la funzione
reintegratrice di una diminuzione patrimoniale del risarcimento e non già la
funzione compensativa del pregiudizio non economico.
Seguendo
l’orientamento della medesima Corte (sentenza n.18163/07, n.7632/03), i giudici
precisano che “andava riconosciuto il danno biologico terminale subito dalla
vittima, ponendo in rilievo che la quantificazione in via equitativa andava
operata in relazione al pregiudizio sofferto, le cui caratteristiche peculiari
consistono nel fatto che si tratta di un danno alla salute, che, sebbene
temporaneo, è massimo nella sua identità ed intensità”.
“In
altri termini, la quantificazione equitativa … va operata avendo presenti sia
il criterio equitativo puro sia il criterio di liquidazione tabellare, purché
detti criteri siano dal giudice adeguatamente personalizzati, ovvero adeguati
al caso concreto” (Cass. n. 7632/03; Cass. n. 4980/06)”.
Quanto
al danno morale, la Corte
ha avuto l’occasione di ribadire che “quando il fatto illecito integra gli
estremi di un reato spetta alla vittima il risarcimento del danno non
patrimoniale nella sua più ampia accezione, ivi compreso il danno morale inteso
quale sofferenza fisica soggettiva causata dal reato, che si trasmette agli
eredi. Nella categoria generale del danno non patrimoniale, la formula “danno
morale” non individua una autonoma sottocategoria di danno, ma descrive … un
tipo di pregiudizio costituito dalla sofferenza cagionata dal reato in sé
considerata, sofferenza la cui intensità e durata nel tempo non assumono
rilevanza ai fini dell’esistenza del danno, ma solo della quantificazione del
risarcimento”.
In
conclusione, alla luce di detto orientamento, “non può giungersi a
quantificazioni simboliche anche laddove le tabelle relative al danno
biologico, che … va tenuto fermo, non costituiscano o non possono costituire il
risultato minimo conseguibile derivante dalla applicazione delle tabelle
stesse”.
(Luciana Di Vito – da
filodiritto.com del 22.5.2012)