Cass.
Civ., SS.UU., sent. 7.6.2012 n° 9184
E’
legittima la sospensione dall’esercizio professionale per la mancata
presentazione del Modello cinque alla Cassa nazionale forense, dell’avvocato
anche se non iscritto all‘Albo professionale ed alla medesima Cassa forense.
E’
quanto disposto dalla Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, con la
sentenza 13 marzo – 7 giugno 2012, n. 9184.
Il
caso in oggetto riguardava un avvocato sospeso a tempo indeterminato
dall'esercizio della professione dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di
Pescara, per aver omesso di ottemperare alla richiesta di invio all’ente
previdenziale del c.d. "Modello 5/2002", relativo al volume di affari
dell'anno 2001.
Avverso
tale provvedimento il professionista aveva presentato ricorso al Consiglio
Nazionale Forense, deducendo l'estinzione della “misura cautelare
accessoria" per prescrizione dell'illecito disciplinare e, nel merito,
dichiarava di non essere tenuto all'invio del citato "modello. 5", in
quanto non iscritto alla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense.
Il
ricorso, cui aveva resistito il C.O.A. di Pescara, è stato respinto dal C.N.F.
Tale decisione è stata impugnata dal legale dinanzi alla Corte di Cassazione
con tempestivo ricorso.
Ai
sensi dell'art. 17, co. 1, della legge 20 settembre 1980, n. 576, relativa alla
riforma del sistema previdenziale forense, nel testo originario anteriore alla
L. 24.2.1997, n. 27 prevede che: “tutti gli iscritti agli albi degli avvocati e
dei procuratori nonché i praticanti procuratori iscritti alla Cassa devono
comunicare alla Cassa, con lettera raccomandata da inviare entro trenta giorni
dalla data prescritta per la presentazione della dichiarazione annuale dei
redditi, l'ammontare del reddito professionale di cui all'art. 10 dichiarato ai
fini dell'IRPEF, nonché il volume d'affari dichiarato ai fini dell'I.V.A. nel
medesimo anno”.
In
caso di inosservanza,o ritardo eccedente i novanta giorni, del suddetto
adempimento, o di infedeltà della dichiarazione sono previste le conseguenze a
carico di tali professionisti, per le ipotesi. Spetterà al competente C.O.A.,
su segnalazione della Cassa Forense, valutare il comportamento sul piano
disciplinare o della sospensione dell'iscritto dall'esercizio della
professione, sanzione da adottarsi nelle forme del procedimento disciplinare.
L'uso
della congiunzione distintiva "nonché", che separa l'indicazione
delle prime due categorie professionali, quelle degli avvocati e dei
procuratori dalla terza,quella dei praticanti procuratori,è connotato da un
chiaro elemento semantico di riferibilità soltanto a questi ultimi delle
successive parole "iscritti alla cassa". Ciò trova riscontro, nella
disciplina contenuta nell'art. 22 della legge medesima,che dopo aver
previsto,al primo comma, l’obbligatorietà dell'iscrizione alla Cassa per tutti
gli avvocati e procuratori che esercitino la libera professione con carattere
di continuità, al sesto comma prevede che "l'iscrizione alla Cassa è
facoltativa per i praticanti abilitati al patrocinio".
Pertanto,
la natura facoltativa di tale iscrizione spiega la diversità dei presupposti
soggettivi contenuti nell’art. 17 co. 1, ovvero l’obbligatorietà dell’invio
della comunicazione de qua riguarda gli avvocati iscritti negli albi
professionali nazionali, mentre per i praticanti avvocati (già praticanti
procuratori) tale obbligo sussiste solo se gli stessi si siano avvalsi della
facoltà, ex art. 22 co. 6, di iscriversi alla Cassa di previdenza.
Inoltre,
la Suprema Corte
non ha ritenuto condivisibile il principio affermato, nella sentenza n.
233/2006 della Cass., sez. Lavoro, secondo cui l’obbligo di comunicazione
richiede non solo l’iscrizione all'Albo degli avvocati ma anche il requisito
dell'iscrizione alla Cassa di previdenza, e ciò si riferisce non solo ai
praticanti procuratori,ma anche agli iscritti nell'albo degli avvocati, attesa
“l'utilità per la Cassa
di conoscere i flussi di reddito professionale degli iscritti all'albo degli
avvocati,destinatari o comunque potenziali destinatari di prestazioni
previdenziali della Cassa stesso ed in ogni caso soggetti all'obbligo del
contributo soggettivo". Privi di fondamento sono i dubbi di legittimità
costituzionale, espressi nella sopra citata sentenza della sezione lavoro,
visto che la scelta legislativa di imporre anche ai non iscritti alla Cassa la
comunicazione in questione, risulta motivata da esigenze sociali per garantire
l'effettività dell'obbligo di iscrizione, ai fini dell'assistenza e previdenza
obbligatoria della categoria professionale, nell’interesse degli stessi
iscritti.
Alla
luce delle suddette argomentazioni, la
Corte di Cassazione ha respinto il ricorso.
(Da Altalex del
13.6.2012. Nota di Maria Elena Bagnato)