Conta la volontà di disturbare la vittima con frasi a sfondo erotico
Prende di mira una ragazza e comincia a chiamarla sul cellulare rivolgendole frasi a sfondo erotico: il molestatore non si salva dalla sanzione penale. E ciò pure se le telefonate furono in sostanza poche e pure concentrate nel tempo. Ciò che conta ai fini del reato di cui all'articolo 660 Cp è infatti il dolo generico dell'agente, inteso come volontà e consapevolezza di arrecare disturbo alla parte offesa. Lo precisa la sentenza n. 1838/11 della prima sezione penale della Cassazione.
Possono ben integrare la contravvenzione di molestia alle persone le chiamate effettuate con petulanza sul telefonino della ragazza: il biasimevole motivo richiesto dalla norma incriminatrice è costituito dal contenuto particolarmente odioso delle frasi oscene rivolte alla giovane destinataria. Non giova al molestatore evidenziare la circostanza che la ragazza abbia ricevuto le attenzioni morbose di altri disturbatori telefonici, la quali non lo esimono dal reato commesso (pena sospesa grazie alle attenuanti generiche). Inchiodato dai tabulati telefonici, il persecutore non riesce a dimostrare di aver davvero dimenticato il cellulare al bar, come ha dichiarato per smentire di essere l'autore delle molestie. E soprattutto non coglie nel segno deducendo di essere del tutto sconosciuto alla parte offesa: è facile, specie in contesti lavorativi, procurarsi il numero del telefonino di qualcuno. Gli eventuali motivi personali non rilevano: risulta invece importante l'elemento psicologico del reato, che nella specie sussiste.
(Da cassazione.net)