La fattispecie in esame ha come protagonista un avvocato tedesco.
Il legale, che vive da tempo in Ungheria, dove ha acquisito anche la laurea in giurisprudenza, esercita in uno studio della capitale ungherese ed è stato ammesso all'albo dei giuristi europei. Gli è stata negata, però, la possibilità di utilizzare il titolo ungherese “ügyvéd” perché non iscritto presso l'ordine degli Avvocati di Budapest. A seguito del diniego, l'avvocato si è rivolto alla Corte di appello ungherese che, prima di decidere, si è rivolta alla Corte di giustizia.
I giudici della Corte chiariscono che le modalità di accesso alla professione di avvocato previste dalle direttive 89/48 e 98/5, impongono all'avvocato che esercita con il proprio titolo professionale di origine la sottomissione alle stesse regole professionali e deontologiche cui sono soggetti gli avvocati che esercitano con il corrispondente titolo professionale di tale Stato membro. Di conseguenza, gli ordini possono imporre a chiunque eserciti la professione di avvocato il rispetto di regole “giustificate dal pubblico interesse, come le norme in tema di organizzazione, di deontologia, di controllo e di responsabilità” e quindi stabilire che per esercitare con il titolo di avvocato dello Stato membro ospitante il legale sia obbligatoriamente membro dell'ordine degli avvocati di tale Stato.
(Da Avvocati.it del 18.2.2011)