giovedì 3 febbraio 2011

Mobbing: integra il reato di maltrattamenti solo se il rapporto è para-familiare

Cassazione penale Sez. IV, sent. 13.1.2011 n. 685

Negli ultimi anni, si è consolidata la giurisprudenza (Cass. pen., sez. VI, sentenza 18 marzo 2009, n. 28553; Cass. pen., sez. VI, sentenza 6 febbraio - 26 giugno 2009, n. 26594), tra cui si associa la sentenza 13 gennaio 2011, n. 685 la quale ritiene che il "mobbing" sia punibile ai sensi dell'art. 572 c.p. (reato di maltrattamento in famiglia) solo con riferimento al rapporto lavorativo di natura para-familiare, ove si verifichi l'alterazione della funzione di quel rapporto attraverso lo svilimento e l'umiliazione della dignità fisica e morale del soggetto passivo.
La configurabilità del delitto di cui all'art. 572 c.p. richiede - Cass. pen., Sez. VI, sentenza 25 novembre - 21 dicembre 2010, n. 44803 - la sussistenza di un rapporto, tra l'agente ed il soggetto passivo, caratterizzato da un potere autoritativo, esercitato di fatto o di diritto, dal primo sul secondo, il quale versa in una condizione di apprezzabile soggezione. La descritta situazione, tradizionalmente confinata in ambito familiare, è stata successivamente estesa anche ai rapporti educativi, di istruzione, cura, vigilanza e custodia, ovvero quelli che si instaurano in ambito lavorativo. In relazione a tale ultimo rapporto, in particolare, è necessario che il soggetto agente versi in una posizione di supremazia non solo formale ma sostanziale, la quale si traduca nell'esercizio di un potere direttivo o disciplinare tale da rendere specularmente ipotizzabile un'apprezzabile soggezione del soggetto passivo ad opera di quello attivo.
Da ciò, in sintesi, si ricava che, in tema di reato di maltrattamenti, rientra nel rapporto d'autorità di cui all'art. 572 c.p. (Cass. pen., Sez. III, sentenza 5 giugno - 7 luglio 2008, n. 27469) il rapporto intersoggettivo che si instaura tra datore di lavoro e lavoratore subordinato in quanto caratterizzato dal potere direttivo e disciplinare che la legge attribuisce al primo nei confronti del secondo.

(Da Altalex del 3.2.2011. Nota di Rocchina Staiano)