Cassazione civile, sez. III, sent. 14.1.2011 n° 745
Il pedone, vittima di un incidente stradale causato da un’auto pirata o, comunque, da un veicolo non identificato, può proporre azione diretta nei confronti dell'impresa designata dal Fondo di garanzia per il risarcimento dei danni, ai sensi dell’art. 19, lett. a), legge n. 990/1969, ed ottenere il risarcimento dei danni.
Lo ha stabilito la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza 16 dicembre 2010 - 14 gennaio 2011, n. 745, con la quale si afferma come la prova dei fatti, da parte del danneggiato, possa essere fornita anche sulla base di semplici tracce ambientali o dichiarazioni orali.
Infatti, alla vittima, con riferimento alle proprie condizioni psicofisiche ed alle circostanze del caso concreto, non è richiesto un comportamento di non comune diligenza, o di complessa e onerosa attuazione, come quello diretto ad identificare il veicolo dell’investitore, ad esempio, mediante annotazione del numero di targa.
Secondo quanto affermato dagli ermellini, la normativa prevede una situazione di mero fatto che considera l'esistenza del sinistro come fatto storico e che, al fine di evitare frodi assicurative, richiede che siano verificate le condizioni psicofisiche del danneggiato e la prova della compatibilità tra le lesioni e la dinamica dell'incidente, senza che si possa configurare, a carico del danneggiato, un obbligo di collaborazione che sia eccessivo rispetto alle sue risorse, che finisca con il trasformarlo in un “investigatore privato o necessariamente in un querelante”.
Tornando al caso di specie, in conclusione, non si può richiedere alla vittima di un sinistro stradale l’adempimento dell’obbligo di collaborazione diretto ad identificare il veicolo, prendere il numero di targa ovvero a ottenere le generalità dell’investitore, in quanto si tradurrebbe in una condotta troppo onerosa rispetto alla dinamica dell’incidente.
(Da Altalex del 7.2.2011. Nota di Simone Marani)