Nel valutare il provvedimento adottato
in flagranza il giudice deve
verificare anche la gravità del fatto e
la pericolosità del soggetto
Non
deve essere arrestato il taccheggiatore colto sul fatto al supermarket. Nel
decidere se convalidare o meno il provvedimento adottato in flagranza dalla
polizia, che nel caso del tentato furto aggravato è facoltativo, il giudice
deve tenere conto della pericolosità del soggetto, oltre che della gravità del
fatto: è dunque necessario motivare sulla rilevanza in termini di allarme
sociale rispetto alla condotta del ladruncolo, circostanza piuttosto
improbabile laddove l'azione criminosa risulta essersi sviluppata secondo il
tipico schema di comportamento del furto ai danni dei grandi magazzini. È
quanto emerge dalla sentenza 25444/12, pubblicata dalla quinta sezione penale
della Cassazione. Annullato senza rinvio l'arresto del balordo che ha rubato
qualche barattolo di ragù dagli scaffali del negozio: pizzicato dalla vigilanza
del supermercato, il taccheggiatore ammette la sua colpa e si offre di
rimborsare il prezzo delle scatolette (per la cronaca: 11 euro). E il motivo
dell'annullamento è che risulta violata la norma di cui all'articolo 381, comma
4, Cpp. Quando il giudice è chiamato a convalidare o meno un provvedimento coercitivo
risulta tenuto a compiere una verifica "ex ante": deve quindi
accertare la sussistenza degli elementi che ne legittimavano l'adozione, al di
là delle indagini o delle informazioni acquisite dopo, le quali sono
utilizzabili soltanto per l'ulteriore pronuncia sullo stato di libertà
dell'indagato. Insomma: in questa fase il giudice deve controllare unicamente
se la polizia giudiziaria ha fatto un uso ragionevole dei poteri discrezionali
che sono riconosciuti alle forze dell'ordine. Nella specie la motivazione del
Tribunale risulta apodittica, tanto che non si può pensare di emendarne il
vizio: la pericolosità dell'arrestato non emerge in alcun modo.
Dario Ferrara (da cassazione.net)