Tra i fenomeni che hanno negli anni determinato la trasformazione demografica della platea degli iscritti a Cassa Forense marcato è quello della presenza delle donne, in misura numericamente sempre più rilevante.
Oggi degli iscritti a Cassa Forense circa il 45% sono donne e nella fascia di età inferiore ai 40 anni la percentuale si attesta oltre il 60%.
Nel 1980 le donne erano meno del 7%, dieci anni dopo erano poco meno del 20%.
Il fenomeno, comune a tutte le professioni, trova certo origine nel crescente numero di donne laureate ed anche, come è per le più giovani generazioni, nella difficoltà di trovare altri sbocchi, in un mercato del lavoro sostanzialmente bloccato.
E’ anche vero che alle donne è riconosciuta una maggior preparazione, assiduità ed attenzione e che alcune loro tipiche qualità sono particolarmente confacenti alla professione.
Nonostante ciò l’analisi dei dati comunicati annualmente con il Mod. 5 evidenzia che le donne, di ogni generazione, di qualsiasi fascia reddituale, dovunque ed in qualsiasi condizione lavorino, dichiarano redditi esattamente la metà di quelli dichiarati dagli uomini nelle medesime condizioni.
La questione non è di scarsa rilevanza per Cassa Forense che non può non tenere conto delle conseguenze che peseranno sull’impianto complessivo del nostro sistema previdenziale dall’adesione maggioritaria di soggetti a ridotto reddito.
Le ragioni e cause dei minori introiti delle donne sono state oggetto di un noto recente Rapporto Censis, commissionato dalla Commissione Pari Opportunità del CNF, e approfondite, dalla Commissione Riforma Assistenza del Comitato di Cassa Forense, nell’ambito di un ampio lavoro di analisi delle condizioni e delle necessità della categoria, che ha goduto della collaborazione del Prof. Michele Raitano, economista dell’Università La Sapienza , e ha trovato base anche in un questionario inviato agli iscritti.
Oltre alle oggettive stratificate difficoltà culturali, per cui ancora oggi, anche le meno giovani di noi continuano ad essere appellate “signora”, mentre il più giovane tra i praticanti è subito “avvocato”, e, per altro lato, alla insufficiente giusta valutazione delle proprie capacità e possibilità da parte della maggior parte delle professioniste, la causa principale del gap reddittuale è stato individuato nella perdurante e persistente necessità delle donne di conciliare i tempi e le modalità di esercizio della professione con il proprio ruolo in famiglia: la carriera delle colleghe è spesso ridotta, sospesa, e persino interrotta, per le gravidanze, l’accudimento dei figli, l’assistenza ai familiari.
Vi è ragione di credere che in questi anni ed in quelli futuri la situazione si aggraverà ancor di più per le sempre minori risorse che lo Stato potrà impegnare nei servizi e nel welfare.
Cassa Forense intende misurarsi con questa realtà ed introdurre interventi che supportino e sostengano le colleghe (la Commissione Riforma Assistenza ha proposto un assegno bebè, ma anche convenzioni con asili e case di cura, ed ancor altro) e riflettere su possibili adeguamenti delle norme previdenziali, più coerenti con i percorsi di carriera femminili.
La “questione femminile” è solo uno dei tanti cambiamenti che Cassa Forense sta affrontando, con la saggezza dei suoi sessant’anni, ma con lo sguardo puntato al futuro, come dice il titolo della prossima Conferenza.
E lo fa e lo farà nella piena consapevolezza che la sua stessa ragione di esistere si fonda sulla solidarietà intercategoriale, valore che intende garantire in ogni provvedimento e salvaguardare da ogni attacco.
Lucia Taormina - Consigliere di Amministrazione Cassa Forense (da CF Neswletter del 14.9.2012)