sabato 29 settembre 2012

Quando l’avvocato ha facoltà di non testimoniare

L’art. 200 c.p.p. come è noto, stabilisce che gli Avvocati “non possono essere obbligati a deporre su quanto conosciuto in ragione della loro professione”, salvo i casi in cui hanno l’obbligo di riferirne all’autorità giudiziaria. Ciò al fine di tutelare la riservatezza delle informazioni apprese in ragione del proprio incarico.
Il segreto può opporsi solo su quei fatti conosciuti “per ragione del proprio ministero ufficio o professione”.
Pertanto, se uno dei soggetti indicati dalla norma ha conoscenza di un fatto quale privato cittadino, al di fuori dell’incarico professionale, egli è obbligato a deporre secondo verità.
In tema di deposizione del testimone che possa eccepire il segreto professionale la Cassazione, ha stabilito che l’obbligo sancito a pena di nullità di avvisare i testi della facoltà di astenersi, previsto dall’art. 199 co. 2 c.p.p., non è applicabile ai soggetti elencati nell’art. 200 c.p.p. inoltre, che l’esimente di cui all’art. 384 co.2. c.p.., nella parte in cui prevede l’esclusione della punibilità, se il fatto è commesso da chi avrebbe dovuto essere avvertito della facoltà di astenersi dal rendere informazioni o testimonianza, non si applica ai soggetti indicati nell’art. 200 c.p.p.(Cassazione Penale Sezione VI, 11 Febbraio 2009 n. 9866).
Con tale decisione il Supremo collegio, modificando un precedente orientamento cui aveva aderito il Giudice di prime cure, annulla con rinvio una sentenza del Tribunale di Milano che riconosceva l’applicazione dell’art. 384 comma 2 c.p. anche per i soggetti elencati dall’art. 200 c.p.p.
La vicenda trae origine dall’intervento, quale testimone in un processo civile, di un Avvocato cui il Giudice non aveva fatto menzione della facoltà di astenersi dal testimoniare su quanto conosciuto in ragione del proprio incarico.
Le dichiarazioni dell’Avvocato erano contraddette dai documenti agli atti.
Il Tribunale, pur ravvisando il reato di falsa testimonianza, ha ritenuto applicabile l’esimente di cui all’art. 384 co. 2 c.p.p. per il mancato avviso da parte del Giudice della facoltà di astenersi, pronunciando sentenza di non luogo a procedere.
Avverso tale decisione ricorre il P.M. per violazione di legge, ritenendo non sussistere alcun obbligo per il Giudice di avvisare il teste della facoltà di astenersi opponendo il segreto professionale.
La Cassazione accoglie il ricorso evidenziando come nell’art. 200 c.p.p. non si preveda alcuna nullità per l’omesso avviso della facoltà di astenersi ai soggetti ivi indicati, a differenza di quanto stabilito nell’art.199 co.2 c.p.p.
Il principio di tassatività, che informa la materia della nullità, impone di ritenere che il disposto di cui all’art. 249 c.p.c. secondo cui nel processo civile “si applicano all’audizione dei testimoni le disposizioni degli artt. 351 e 352 del codice di procedura penale relative alla facoltà di astensione dei testimoni”, sia da riferire esclusivamente agli artt 200-202 c.p.p. del codice del 1988.
Nessun riferimento è fatto all’art. 350 c.p.p. del 1930 la cui disciplina è oggi trasfusa nell’art. 199 c.p.p., il solo, a prevedere l’obbligo (sancito a pena di nullità) per il Giudice di avvisare i testimoni della facoltà di astenersi.
L’art. 200 c.p.p. non menziona dunque l’obbligo di avvisare l’Avvocato della facoltà di astenersi.
La ratio di tale previsione è da ravvisarsi, a giudizio della Corte, nella differente preparazione tecnica che connota un Avvocato rispetto al “quivis de populo” cui l’ordinamento viene incontro informandolo del diritto di non testimoniare in un processo in cui risulta imputato un prossimo congiunto, al fine di evitare che egli possa rendere dichiarazioni menzognere.
La Cassazione dunque, ha ritenuto di non estendere per analogia in bonam partem la causa di non punibilità di cui all’art. 384 co.2 c.p. ai professionisti contemplati nell’art. 200 c.p.p. escludendo parimenti la possibilità di un’interpretazione estensiva della norma.
Sarà onere dell’Avvocato comunicare al Giudice la propria scelta di deporre o meno su quanto in sua conoscenza.
Tuttavia, a ben vedere, la Corte non considera che il segreto professionale opponibile dall’Avvocato è pur sempre posto a tutela del proprio assistito e che quindi, come si prevede la nullità per la deposizione del prossimo congiunto non avvisato della facoltà di astenersi, parimenti dovrebbe inficiarsi della stessa sanzione la dichiarazione del legale (non edotto della possibilità di opporre il segreto professionale) che possa compromettere gli interessi del proprio cliente essendo speculare la ratio che informa gli artt. 199 e 200 c.p.p.
Il pregiudizio all’imputato può derivare sia dalla dichiarazione del familiare che dalla testimonianza dell’Avvocato il quale, proprio in ragione dell’incarico ricevuto, può conoscere informazioni la cui divulgazione risulti pregiudizievole per il proprio assistito.

Paolo Gatto (da overlex.com)