Cass. Pen. Sez. V, sent. N. 33214 del 23.8.2012
RITENUTO IN FATTO
1.
La Corte di
Appello il Brescia, con la sentenza del 7 giugno 2011 ha confermato la sentenza
del Tribunale di Bergamo del 25 marzo 2010 con la quale (omissis) era stato
condannato per falso in autorizzazione amministrativa (contraffazione
autorizzazione al parcheggio di persone invalide).
2.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo
del proprio difensore, lamentando, quale unico motivo, una violazione di legge
e una motivazione illogica in merito alla mancata affermazione dell'inidoneità
del falso e quindi della non punibilità dell’imputato stesso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.
Il ricorso non merita accoglimento.
2.
Secondo la prevalente giurisprudenza di questa Corte, integra il reato di
falsità materiale del privato in autorizzazione amministrativa (articoli 477 e
482 cod.pen.) la riproduzione fotostatica del permesso di parcheggio, a nulla
rilevando l'assenza della attestazione di autenticità, la quale non incide
sulla rilevanza penale del falso allorché, come nella fattispecie, il documento
abbia l'apparenza e sia utilizzato come originale, considerata anche la
notevole sofisticazione raggiunta dai macchinari utilizzati, capaci di formare
copie fedeli all'originale, come tali idonee a consentire un uso atto a trarre
in inganno la pubblica fede (v. per tutte Cass. Sez. V 19 marzo 2008 n. 14308).
Quanto
all'altro profilo di doglianza, va ricordato che il falso grossolano non
punibile è soltanto quello facilmente riconoscibile ictu oculi anche da persone
del tutto sprovvedute, mentre non è tale quello che richieda una certa
attenzione per il riconoscimento della falsificazione (v. da ultimo Cass. Sez.
V 13 luglio 2011 n. 38349): sicché, avendo la Corte di merito considerato che la falsità in
oggetto era stata accertata da persona qualificata, a seguito di un attento
esame evidenziante la non rifrangenza di un bollino apposto sull'atto, elemento
certamente rilevante ma non immediatamente percepibile da chiunque, l'impugnata
sentenza si sottrae a censura anche sotto tale aspetto.
3.
Dal rigetto del ricorso deriva, per concludere, la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.T M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
Così
deciso in Roma, il 31/5/2012.
(Da diritto.it)