Cass. Pen. Sez. III, sent. n. 16958 dell’8.5.2012
Svolgimento del processo
1. La
Corte di Appello di Roma, con sentenza emessa il 24/11/2010,
confermava la sentenza del Tribunale di Civitavecchia, in data 15/02/2010,
appellata da D.C., imputato del reato di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74,
art. 5, - per aver omesso di presentare le prescritte dichiarazioni IVA
relativa agli anni di imposta 1999, 2000, 2002, 2003 - e riconosciuto colpevole
limitatamente agli anni di imposta 2002 e 2003, con la conseguente condanna
alla pena di anni uno e mesi due di reclusione; pena sospesa.
2. L'interessato proponeva ricorso per
Cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, ex art. 606
c.p.p., comma 1, lett. b) ed e).
In particolare il ricorrente esponeva:
a)che non ricorreva l'elemento soggettivo del reato
de quo poichè l'omessa trasmissione delle dichiarazioni dei redditi alla
competente Agenzia delle Entrate era dovuta a colpa e/o negligenza del proprio
commercialista ( S.G.), cui aveva affidata la tenuta della contabilità;
b) che comunque non ricorreva l'elemento obiettivo
del reato de quo, non risultando accertato in modo univoco il superamento della
soglia di punibilità penale fissata in Euro 77.468,53 per ogni anno di imposta,
ai sensi del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5.
Tanto dedotto il ricorrente chiedeva l'annullamento
della sentenza impugnata.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
La sentenza della Corte Territoriale, unitamente alla
decisione di 1 grado - i due provvedimenti si integrano a vicenda - ha
congruamente motivato i punti fondamentali della decisione.
In particolare i giudici del merito, mediante un
esame analitico ed esaustivo delle risultanze processuali, hanno accertato che
D.C., quale rappresentante legale della Cantieristica Laziale srl, con sede a
(omissis), aveva omesso di presentare la prescritta dichiarazione IVA, fra
l'altro, per gli anni di imposta 2002 e 2003, con conseguente evasione della
relativa imposta, rispettivamente per un importo di Euro 111.618,47 per l'anno
2002 e di Euro 210.214,67, quanto all'anno 2003 (vedi sent. 2 grado, pagg. 1,
2, 3).
Ricorrevano, pertanto, nella fattispecie gli elementi
costitutivi, soggettivo ed oggettivo, del reato di cui al D.Lgs. n. 74 del
2000, art. 5, come contestato in atti.
2. Le censure dedotte nel ricorso sono generiche,
perchè meramente ripetitive di quanto esposto in sede di Appello. Sono
infondate perchè in contrasto con quanto accertato e congruamente motivato dai
giudici del merito. Sono, altresì, errate in diritto. All'uopo va ribadito che
l'affidamento ad un commercialista del mandato a trasmettere per via telematica
la dichiarazione dei redditi alla competente Agenzia delle Entrate (tale è
l'assunto difensivo del ricorrente) - ai sensi del D.P.R. n. 322 del 1988, art.
3, comma 8, come modificato dal D.P.R. n. 435 del 2001, - non esonera il
soggetto obbligato alla dichiarazione dei redditi a vigilare affinchè tale
mandato sia puntualmente adempiuto conforme Sez. 3^ n. 9163 del 29/10/2009
(depositata 08/03/2010), Rv 246208. 3. Va dichiarato, pertanto, inammissibile
il ricorso proposto da D.C. con condanna dello stesso al pagamento delle spese
processuali e della sanzione pecuniaria che si determina in Euro 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna li
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore
della Cassa delle Ammende.
(Da diritto.it)
(Da diritto.it)