martedì 22 maggio 2012

Ritardi eccessivi per deposito ordinanze, magistrato trasferito


Il ritardo costituisce illecito disciplinare quando è reiterato grave e ingiustificato. Verificata la sussistenza di tutti e tre gli elementi è legittima la condanna della Sezione Disciplinare che qualora riscontri un contrasto tra la condotta accertata ed il buon andamento dell’amministrazione della giustizia può disporre anche la destinazione del giudice ad altra sede. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 5761/2012.
Il caso. Un magistrato si rende responsabile del mancato rispetto dei termini di deposito di migliaia di ordinanze. Nel casi peggiori, il ritardo risulta essere di molto superiore al triplo dei termini previsti per il deposito, arrivando a superare addirittura a due anni. Inevitabile l’incolpazione per aver ritardato in modo grave, reiterato e ingiustificato il compimento di atti del proprio ufficio, in violazione dei doveri di diligenza e laboriosità. Il magistrato prova a giustificare la sua condotta col gravoso carico di lavoro producendo la documentazione attestante la qualità dell’attività svolta anche comparativamente agli altri magistrati dell’ufficio. La Sezione Disciplinare del CSM lo ritiene però responsabile delle imputazioni ascrittegli e lo condanna alla sanzione della perdita di due anni di anzianità e al trasferimento ad altro Tribunale. Il magistrato non ci sta e ricorre in Cassazione, sostenendo che la decisione non avrebbe tenuto in debito conto del gravoso carico di lavoro svolto e, in ogni caso, i ritardi sarebbero da considerare configuranti illecito solo quando siano rivelatori di scarsa operosità del magistrato. Infine, non sarebbe stato sufficientemente motivata la decisione dell’applicazione della sanzione accessoria del trasferimento. La linea difensiva del magistrato non è però condivisa dalla Suprema Corte, la quale finisce così per rigettare il ricorso.
Il giudizio di legittimità. Innanzitutto, le Sezioni Unite ricordano come «il ritardo nel deposito delle sentenze e dei provvedimenti giudiziari, pur se reiterato, non può da solo integrare un illecito disciplinare del magistrato dal momento che occorre anche stabilire se il ritardo sia sintomo di mancanza di operosità oppure trovi giustificazione in situazioni particolari collegate alla complessiva situazione di lavoro del magistrato tenendo presente i profili qualitativi e quantitativi nonché gli aspetti inerenti la complessiva organizzazione dell’ufficio e le funzioni svolte dal magistrato». Dopo la riforma del 2006, affinché sia integrata la fattispecie di illecito disciplinare è necessario che ricorrano tre elementi: la reiterazione del ritardo, la sua gravità e la sua ingiustificatezza. Tuttavia, nessuna censura può essere mossa alla decisione della Sezione Disciplinare che correttamente ha appurato il ricorrere di tutti questi elementi provvedendo ad una valutazione complessiva dell’operato del magistrato e correttamente ha motivato il proprio convincimento. Per quel che riguarda il trasferimento, poi, «si tratta di una misura di carattere preventivo, che è accessoria rispetto alla sanzione irrogata e che si fonda sul dato oggettivo del contrasto tra la condotta accertata, rilevante sul piano disciplinare, ed il buon andamento dell’amministrazione della giustizia; contrasto che, in termini diacronici, va attualizzato alla situazione presente con una sorta di valutazione prognostica dell’incidenza dell’attività del magistrato sul buon andamento della giustizia ed il cui riscontro deve essere ancorato ad oggettivi riferimenti fattuali, stante la generale garanzia di inamovibilità del magistrato». Nel caso in esame, trattandosi di un magistrato di sorveglianza il cui operato richiede una certa celerità in considerazione dei riflessi che i provvedimenti di sua competenza possono avere sulla libertà personale dei detenuti, è facilmente riscontrabile il presupposto che giustifica il trasferimento deciso dalla Sezione Disciplinare del CSM.

(Da avvocati.it del 17.5.2012)