Il ritardo costituisce illecito disciplinare quando è
reiterato grave e ingiustificato. Verificata la sussistenza di tutti e tre gli
elementi è legittima la condanna della Sezione Disciplinare che qualora
riscontri un contrasto tra la condotta accertata ed il buon andamento
dell’amministrazione della giustizia può disporre anche la destinazione del
giudice ad altra sede. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 5761/2012.
Il caso. Un magistrato si rende
responsabile del mancato rispetto dei termini di deposito di migliaia di
ordinanze. Nel casi peggiori, il ritardo risulta essere di molto superiore al
triplo dei termini previsti per il deposito, arrivando a superare addirittura a
due anni. Inevitabile l’incolpazione per aver ritardato in modo grave,
reiterato e ingiustificato il compimento di atti del proprio ufficio, in
violazione dei doveri di diligenza e laboriosità. Il magistrato prova a
giustificare la sua condotta col gravoso carico di lavoro producendo la
documentazione attestante la qualità dell’attività svolta anche
comparativamente agli altri magistrati dell’ufficio. La Sezione Disciplinare
del CSM lo ritiene però responsabile delle imputazioni ascrittegli e lo
condanna alla sanzione della perdita di due anni di anzianità e al
trasferimento ad altro Tribunale. Il magistrato non ci sta e ricorre in
Cassazione, sostenendo che la decisione non avrebbe tenuto in debito conto del
gravoso carico di lavoro svolto e, in ogni caso, i ritardi sarebbero da
considerare configuranti illecito solo quando siano rivelatori di scarsa
operosità del magistrato. Infine, non sarebbe stato sufficientemente motivata
la decisione dell’applicazione della sanzione accessoria del trasferimento. La
linea difensiva del magistrato non è però condivisa dalla Suprema Corte, la
quale finisce così per rigettare il ricorso.
Il giudizio di
legittimità. Innanzitutto, le Sezioni Unite ricordano come «il ritardo
nel deposito delle sentenze e dei provvedimenti giudiziari, pur se reiterato,
non può da solo integrare un illecito disciplinare del magistrato dal momento
che occorre anche stabilire se il ritardo sia sintomo di mancanza di operosità
oppure trovi giustificazione in situazioni particolari collegate alla
complessiva situazione di lavoro del magistrato tenendo presente i profili
qualitativi e quantitativi nonché gli aspetti inerenti la complessiva
organizzazione dell’ufficio e le funzioni svolte dal magistrato». Dopo la
riforma del 2006, affinché sia integrata la fattispecie di illecito
disciplinare è necessario che ricorrano tre elementi: la reiterazione del
ritardo, la sua gravità e la sua ingiustificatezza. Tuttavia, nessuna censura
può essere mossa alla decisione della Sezione Disciplinare che correttamente ha
appurato il ricorrere di tutti questi elementi provvedendo ad una valutazione
complessiva dell’operato del magistrato e correttamente ha motivato il proprio
convincimento. Per quel che riguarda il trasferimento, poi, «si tratta di una
misura di carattere preventivo, che è accessoria rispetto alla sanzione
irrogata e che si fonda sul dato oggettivo del contrasto tra la condotta
accertata, rilevante sul piano disciplinare, ed il buon andamento
dell’amministrazione della giustizia; contrasto che, in termini diacronici, va
attualizzato alla situazione presente con una sorta di valutazione prognostica
dell’incidenza dell’attività del magistrato sul buon andamento della giustizia
ed il cui riscontro deve essere ancorato ad oggettivi riferimenti fattuali,
stante la generale garanzia di inamovibilità del magistrato». Nel caso in
esame, trattandosi di un magistrato di sorveglianza il cui operato richiede una
certa celerità in considerazione dei riflessi che i provvedimenti di sua
competenza possono avere sulla libertà personale dei detenuti, è facilmente
riscontrabile il presupposto che giustifica il trasferimento deciso dalla Sezione
Disciplinare del CSM.
(Da
avvocati.it del 17.5.2012)