Quali sono le conseguenze per
il professionista nel caso in cui venga generato un avviso di mancata consegna
della pec inviata dalla cancelleria ai fini di una comunicazione telematica?
La nuova formulazione dell’art. 163 c.p.c. all’ultimo comma
prevede che” Salvo che la legge disponga diversamente, se non è possibile
procedere ai sensi del comma che precede, il biglietto viene trasmesso a mezzo
telefax, o è rimesso all’ufficiale giudiziario per la notifica”.
Sembrerebbe quindi possibile
per la cancelleria, qualora venga generato un avviso di mancata consegna della
pec inviata ai fini di una comunicazione telematica, tentare nuovamente la
notifica a mezzo telefax o mediante ufficiale giudiziario.
Tale procedura però sarebbe
in contrasto con quanto stabilito dal n. 4 dell’art. 16 del DM 44/2011 il quale
prevede che “…salvo il caso fortuito o la forza maggiore, si procede ai sensi
dell’articolo 51, comma 3 del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito
con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive
modificazioni, nel caso in cui viene generato un avviso di mancata consegna…”
per cui, in caso di mancata consegna della PEC la relativa comunicazione
verrebbe depositata in cancelleria e non anche ritrasmessa a mezzo fax o
ufficiale giudiziario.
Ammesso e non concesso poi
che possa non tenersi conto di quanto disposto dal n. 4 dell’art. 16 del DM
44/2011 il problema comunque rimarrebbe in quanto l’ultimo comma dell’art. 136
c.p.c. subordina la possibilità di ritentare la notifica a mezzo fax o
ufficiale giudiziario “Salvo che la legge disponga diversamente”; nel caso di
specie è chiaro e palese come vi sia una legge che diversamente dispone essendo
vigente l’articolo 51, comma 3 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 per
cui, in caso di mancata consegna della PEC, la relativa comunicazione verrebbe
depositata in cancelleria e non anche ritrasmessa a mezzo fax o ufficiale
giudiziario.
Se tale ragionamento è esatto
non si comprende quali sarebbero i casi nei quali la mancata consegna del
biglietto di cancelleria a mezzo PEC verrebbe sostituita dalla ulteriore
notifica via fax o ufficiale giudiziario senza avere come conseguenza il
deposito della stessa in cancelleria.
Non si comprende poi come
giuridicamente e relativamente alla gerarchia delle fonti del nostro
Ordinamento una norma, prevista da un decreto ministeriale (art. 35, comma 1,
DM 44/2011) possa, di fatto, modificare l’art. 51, comma 3 del decreto legge 25
giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n.
133, e successive modificazioni, e consentire l’emanazione di un decreto
dirigenziale senza il rispetto della procedura prevista dal citato art. 51,
senza tralasciare che il decreto ministeriale, nella sua natura giuridica, non
ha forza di legge e, nel sistema delle fonti del diritto, può rivestire il
carattere di fonte normativa secondaria, ove ponga un regolamento previsto da
una legge; nel caso di specie il DM 44/2011 nasce come regolamento concernente
le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale
delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, in attuazione dei
principi previsti dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive
modificazioni, ai sensi dell’art. 4, commi 1 e 2, del decreto legge 29 dicembre
2009, n. 193, convertito nella legge 22 febbraio 2010, n. 24 che ha apportato
l’ultima modifica all’art. 51 citato.
E ancora: le cancellerie dei
32 Uffici Giudiziari (4 Corti d’Appello e 28 Tribunali) che hanno ottenuto il
decreto che attesta il valore legale delle comunicazioni telematiche ai sensi
dell’art. 51 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 continueranno ad
osservare, come fino ad oggi hanno fatto, il combinato disposto del n. 3
dell’art. 51, DL 112/2008 e n. 4 dell’art. 16 del DM 44/2011 depositando in
Cancelleria la comunicazione qualora la stessa non vada a buon fine tramite
PEC, diversamente da quanto accadrebbe per i 98 Uffici Giudiziari che, dal 1
febbraio 2012, hanno ottenuto il decreto che stabilisce il valore legale delle
stesse comunicazioni telematiche ai sensi dell’art. 136 c.p.c. che
consentirebbe alla Cancelleria di ritentare la notifica della comunicazione
telematica non andata a buon fine con la PEC anche con l’inoltro via fax o
tramite UNEP impedendo quindi di depositare la comunicazione in Cancelleria?
Ritengo, altresì,
eccessivamente penalizzante per l’avvocatura, rilasciare il decreto che attesta
il valore legale delle comunicazioni telematiche ai sensi dell’art. 136 c.p.c.,
osservando unicamente quanto dettato dall’art. 35, n. 1, DM 44/2011, senza
preparare la medesima avvocatura avviando, preventivamente, un brevissimo
periodo di sperimentazione, considerando le pericolose conseguenze processuali
in cui potrebbe incorrere il professionista in caso di mancata ricezione della
comunicazione per motivi non addebitabili allo stesso? Mi riferisco, nello
specifico, a situazioni nelle quali il professionista, per mero errore
materiale, abbia comunicato all’Ordine una PEC non corretta nel suo indirizzo o
che l’Ordine non abbia trascritto correttamente (sempre per errore materiale)
inviandolo poi, tramite Albo in formato digitale, per l’inserimento a ReGIndE;
è accaduto infatti che, al momento dell’attivazione sul ReGIndE dell’indirizzo
PEC dell’avvocato, non sempre il portale dei servizi telematici abbia inviato
un messaggio di PEC al predetto comunicandone l‟avvenuta attivazione così come
invece previsto dall’art. 30 delle specifiche tecniche del 18 luglio 2011.
Con la sperimentazione,
situazioni come quelle sopra indicate, verrebbero facilmente rilevate in una
fase che consentirebbe al professionista (e quindi al proprio assistito) di non
incorrere, ad esempio, in decadenze processuali.
Altresì riterrei opportuno,
se non doveroso, un comportamento uniforme, da parte di tutti gli Uffici
Giudiziari, circa gli allegati in formato PDF da inserire nelle comunicazioni
telematiche in quanto, ad oggi, per comunicazioni di uguale tipologia, alcuni
Uffici Giudiziari uniscono anche la copia digitale del documento cartaceo,
altri si limitano alla sola comunicazione testuale del provvedimento inserita
nel testo della PEC e nell’allegato “Comunicazione xml”; tale non uniformità di
comportamento è sicuramente generata o, quanto meno, facilitata stante il
disposto dell’art. 17, n. 2 delle specifiche tecniche del 18 luglio 2011 il
quale prevede che la cancelleria “…debba effettuare una copia informatica in
formato PDF di eventuali documenti cartacei da comunicare…” essendo il
cancelliere a stabilire se sarà necessario allegare un atto scansionato o caricato
da file (PDF).
Ritenendo necessario fare
immediatamente chiarezza in merito a quanto sopra segnalato, sarà mia cura
partecipare, nei prossimi giorni, le mie riflessioni al Ministro della
Giustizia, Prof. Avv. Paola Severino e al Direttore Generale dei Sistemi
Informativi Automatizzati (DGSIA), dott.ssa Daniela Intravaia, nella speranza
che presto possano dare esaustiva risposta.
In attesa di aggiornarvi
sugli sviluppi della vicenda, offro ai lettori una mia considerazione:
se la nuova formulazione dell’art.
136 c.p.c. all’ultimo comma consente alla Cancelleria di tentare la notifica
del biglietto di cancelleria oltre che a mezzo PEC anche tramite fax e UNEP,
qual è il senso di obbligare gli avvocati, per legge, ad avere un proprio
indirizzo PEC, doverlo comunicare all’Ordine e doverlo indicare nell’atto di
citazione, comparsa di costituzione ecc. ecc. se poi, sempre per legge,
potranno essere raggiunti dalla Cancelleria non solo tramite quell’indirizzo
PEC ma anche a mezzo fax e UNEP?
(Da Altalex del
24.4.2012. Articolo di Maurizio Reale)