Cass. Civ. sez. III, sent. 22.12.2011 n° 28287
Con la sentenza 22 dicembre 2011, n. 28287 la Suprema Corte di
Cassazione torna a pronunciarsi in tema di responsabilità medica e,
segnatamente, sulla sussistenza del requisito della colpa richiesto ai fini del
risarcimento del danno.
Il caso all’attenzione del Giudice di legittimità
riguarda il decesso di una signora causato da un ictus insorto successivamente
al ricovero ed alle dimissioni della paziente da parte della struttura
ospedaliera.
Se il Giudice di primo grado rigettava la domanda di
risarcimento del danno proposta dagli eredi della de cuius, la Corte d’Appello di Napoli
riformava la sentenza emessa dallo stesso nel senso di ritenere sussistente la
responsabilità dell’Azienda Ospedaliera convenuta prima e appellata poi. Tale
decisione era giustificata, a dire della Corte d’Appello, dal fatto che i
medici che avevano provveduto alle dimissioni della paziente, non avevano
previamente provveduto ad effettuare tutti gli esami opportuni e, in
particolare, non avevano provveduto a sottoporre la signora a TAC,
approfondimento medico idoneo a rilevare il rischio di ictus e dunque a
scongiurare l’evento.
Veniva dunque adita la Suprema Corte di
legittimità da parte dell’Ospedale, deducendo la omessa e/o insufficiente e/o
contraddittoria motivazione della sentenza di secondo grado.
La Corte di Cassazione ha ritenuto fondate
le censure della struttura sanitaria ricorrente, rilevando che il ragionamento
svolto dal Giudice di merito accertava una colpa in capo ai medici coinvolti
poiché essi non avevano svolto l’esame – TAC – necessario al fine di prevenire
l’evento morte. Ebbene, la
Suprema Corte ha osservato che, a prescindere dall’idoneità
dell’esame in questione a prevenire l’evento de quo, questione certamente
rilevante, ma attinente al requisito del nesso causale, il giudice di merito
avrebbe dovuto pronunciarsi in merito all’effettivo dovere professionale del medico,
rebus sic stantibus, di prescrivere tale accertamento. Il Giudice di
legittimità ha escluso che i medici avrebbero dovuto procedere ad ulteriori
analisi poiché, attesi gli esiti degli esami svolti in occasione del ricovero
della paziente, i quali non evidenziavano nulla di “significativo”, i
protocolli medici in vigore non imponevano indagini più approfondite.
Ciò argomentato, la Corte di Cassazione ha concluso per la fondatezza
dei motivi di appello, rinviando al Giudice di merito.
(Da
Altalex dell’11.4.2012. Nota di Valentina Cardani)