Orlando: si può procedere
ad un ripensamento della procedura,
ad un ripensamento della procedura,
purché ciò avvenga «all'interno di un
sistema»
che contempli «altre forme di
ricomposizione dei conflitti»
Doccia
fredda per chi pensava che il nuovo ministro avrebbe rivoluzionato la
mediaconciliazione obbligatoria. Andrea Orlando, ministro della giustizia nel
corso del IX congresso giuridico-forense conclusosi sabato scorso a Roma, ha affrontato il tema della reintroduzione
dell'obbligatorietà del tentativo di conciliazione (ripristinata lo scorso anno
dal governo di Enrico Letta, mediante la legge 98/2013, dopo che, soltanto
qualche mese prima, era stata bocciata dalla Corte costituzionale), chiarendo
subito che, a questo punto, sarebbe «sbagliato pensare a tornare indietro».
Tuttavia, secondo Orlando, si può procedere ad un ripensamento della procedura,
purché ciò avvenga «all'interno di un sistema» che contempli «altre forme di
ricomposizione dei conflitti». Secondo il titolare del dicastero di via Arenula,
infatti, decidere, al momento di «smontare tutto» si rivelerebbe
«controproducente», e anche su questo versante, prosegue, sarà tenuto in
considerazione il dialogo con le categorie interessate. Nonostante ciò, qualche
ritocco si può mettere in cantiere per giungere alla risoluzione delle
controversie in «altre forme» e «fondamentale» si rivelerà il confronto con gli
avvocati. E l'avvocatura non si fa cogliere impreparata, avendo già pronto
l'elenco dettagliato delle proposte alternative al vincolo del ricorso alla
conciliazione, così come stabilito dalla norma: innanzitutto, ricorda il
Consiglio nazionale forense (Cnf), in tutta Italia gli ordini si sono già
attivati ed hanno costituito 122 organismi di conciliazione e 16 camere
arbitrali (a consentirlo le disposizioni contenute nella legge di riforma
dell'ordinamento, 247/2012). Si tratta finora di un «buon risultato» in termini
numerici, con margini di ulteriore miglioramento, in vista dell’organizzazione
di «un servizio ramificato sul territorio con garanzia di preparazione, qualità
e celerità di risposte ai cittadini». Nell'ambito dello stesso percorso di
efficiente risoluzione delle liti, poi, si segnala la proposta della
«translatio iudicii», un istituto che prevede la possibilità per le parti di
una causa civile, anche pendente da tempo, di chiedere congiuntamente il
trasferimento della causa dal tribunale ad una camera arbitrale istituita
presso i consigli degli ordini forensi, «con conseguente riduzione dei tempi di
decisione e alleggerimento del carico degli uffici giudiziari». Secondo il Cnf,
seguendo tale strada, gli ordini contribuiscono, in una ottica di
sussidiarietà, alla «semplificazione della giurisdizione statale, mettendo a
disposizione uno strumento di soluzione alternativa delle controversie basato
sulla volontà delle parti». E, soprattutto, forte di regole certe a beneficio
del cittadino. Infine, un ruolo determinante lo svolge anche la negoziazione
assistita da un avvocato, procedura partecipativa (già prevista in Francia)
nella quale le parti in conflitto, che non hanno adito il giudice o un arbitro
intentando una causa, decidono di risolvere in via amichevole il conflitto,
assistiti dai propri legali; l’accordo raggiunto dalle parti è omologato dal
tribunale.
(Da Mondoprofessionisti
del 24.3.2014)