Gli avvocati aspettano il nuovo
ministro
sui quattro punti chiavi del processo
civile
Il
20 febbraio sono scesi in piazza con le toghe e i fischietti, 15.000 avvocati
che hanno quasi paralizzato il traffico del centro di Roma per alcune ore. Una
nuova astensione dalle udienze è stata indetta dall’Organismo Unitario
dell’Avvocatura dal 17 al 22 marzo, però lo stesso Oua, pur chiedendo con
fermezza al nuovo ministro Andrea Orlando “un forte cambio di rotta”, ha una
posizione attendista, e tutto sommato fiduciosa. Anzi, spiega il presidente
Nicola Marino, in effetti un primo segnale positivo già c’è stato: «Le
commissioni Giustizia di Camera e Senato hanno finalmente dato parere positivo
ai nuovi parametri forensi, che giacevano in Parlamento da un anno e mezzo, e
che servono a determinare spese e onorari in mancanza di accordo tra le parti.
È sicuramente un segnale positivo, noi non vogliamo fare un braccio di ferro
con il ministro al quale invece auguriamo buon lavoro. Aspettiamo una
convocazione: se ci fosse, potremmo revocare la protesta ». Fiducia a parte, il
giudizio estremamente negativo della categoria nei confronti del disegno di
legge di riforma del processo civile, approvato il 17 dicembre dal Consiglio
dei ministri, e attualmente all’esame del Parlamento, non si è spostato di un
millimetro. Però il Consiglio Nazionale Forense, che pure il 18 dicembre,
all’indomani del via libera del Cdm, aveva espresso «il più radicale dissenso
sul disegno di legge delega e la ferma riprovazione per taluni dei suoi
contenuti», tanto da partecipare alla manifestazione di protesta del 20
febbraio con il consigliere segretario Andrea Mascherin, adesso non ritiene sia
il caso di andare avanti con altre azioni di protesta: meglio aspettare e
vedere quale sarà la posizione del nuovo ministro. L’Aiga, l’associazione dei
giovani avvocati, non ha ancora deciso se aderire alle nuove proteste indette
dall’Oua: «Abbiamo aderito alla scorsa manifestazione e astensione, però adesso
aspettiamo di vedere cosa farà il nuovo governo. – spiega il presidente
Nicoletta Giorgi – Certo se la situazione rimane la stessa, se non cambia
nulla, valuteremo che altri segnali di protesta dare. Abbiamo dato al ministro
le nostre priorità: diamogli il tempo necessario. Noi chiediamo che il ddl
venga messo da parte e che si riparta con una riforma nuova, però siamo
disposti anche a discutere su questo, purché il ministro ci dimostri che
intende stralciare dal provvedimento tutti quegli aspetti che abbiamo
contestato». Sono quattro le norme più contestate all’unanimità da tutte le
associazioni di categoria, nazionali e locali: la prima è la cosiddetta
“sentenza a pagamento”, per cui il giudice dovrà semplicemente pubblicare il
dispositivo. Nel caso in cui l’avvocato voglia conoscere le motivazioni, per
impugnare, dovrà pagare per la seconda volta il contributo unificato e i
diritti di cancelleria. Sotto accusa anche l’istituzione di una sanzione
economica a carico dell’avvocato se il giudice valuta la causa “temeraria”
(priva di fondamento giuridico). Ancora, molto contestata anche l’istituzione
del giudice unico in appello, in sostituzione dell’attuale collegio di tre
giudici. E infine, c’è la norma che prevede una consulenza tecnica di parte
obbligatoria prima di iniziare il processo per le materie “ad elevato tasso
tecnico”, considerata penalizzante nei confronti di chi non ha i mezzi
economici sufficienti per sostenere le spese. Tutte norme che, semmai dovessero
accorciare i tempi del processo civile, raggiungerebbero l’obiettivo solo
perché molti cittadini non avrebbero i mezzi per sostenere queste nuove e
gravose spese. Ma non è detto neanche che questo avvenga, nonostante i rincari:
«Negli ultimi 8 anni – ricorda il Consiglio Nazionale Forense – ci sono stati
17 interventi legislativi sul processo civile. Ma i tempi di durata sono
aumentati di due anni. Nel frattempo, i costi sono lievitati del 55,62% per il
primo grado, del 119,15% in appello e del 182,67% in Cassazione”. Però adesso
qualcosa potrebbe cambiare: «La delibera dell’Oua è stata assunta in un momento
in cui non c’era ancora il governo. – spiega il presidente dell’Ordine degli
Avvocati di Roma Massimo Vaglio – Da parte nostra c’è grande fiducia nel nuovo
ministro: il grosso vulnus del ministro precedente era che non voleva neanche
incontrarci. Se il governo dovesse decidere di ritirare il decreto e ascoltare
le nostre istanze, certo torneremo sui nostri passi. Siamo sereni, la nomina di
questo ministro è indicativa: Andrea Orlando, quando era responsabile giustizia
del Pd, ha partecipato a tavola rotonda degli Ordini e ha mostrato di
condividere le nostre istanze».
(Da repubblica.it)