giovedì 20 marzo 2014

Nasconde foto equivoche, addebito al marito

La sesta sezione civile della Suprema Corte di Cassazione ha pronunciato l'ordinanza n. 4420 del 25 Febbraio 2014 con la quale ha rigettato il ricorso di un marito avverso la sentenza di secondo grado.
In virtù di detta sentenza, infatti, la Corte di Appello di Brescia aveva dichiarato la separazione personale tra le parti con addebito al marito, ponendo altresì a suo carico il pagamento di Euro 1.000 a titolo di assegno di mantenimento a favore della moglie.

L'ordinanza della Cassazione, in sostanza, conferma che la domanda di addebito avanzata dalla moglie che scopre la relazione extraconiugale del marito grazie al rinvenimento di foto che questi aveva occultato (nel caso di specie le aveva nascoste in cassaforte), è legittima e fondata.

Ancora una volta, dunque, la Suprema Corte viene chiamata a decidere in ordine ad un istituto, quale quello dell'addebito, considerato da gran parte della dottrina e da molti operatori del diritto, desueto e pressochè inutile.

Tant'è che la giurisprudenza è intervenuta negli anni a ridurre sempre più la possibilità di ottenere la pronuncia di addebito della separazione, ancorando tale risultato ad una ferrea prova della violazione del dovere matrimoniale eccepito al coniuge ed ancorando la sussistenza effettiva di tale violazione a presupposti precisi e causalmente vincolati al fallimento del matrimonio.

Nel caso della infedeltà, non è quindi facile ottenere una pronuncia d addebito della separazione a tale titolo, dovendo il ricorrente dimostrare che l'eccepita infedeltà è stata la causa della fine della coniugio, oppure che le modalità siano inequivocabilmente lesive della dignità personale del coniuge tanto da rendere imperdonabile la violazione di tale dovere matrimoniale.

Sovente, ottenere la pronuncia di addebito nei confronti del coniuge rappresenta una sorta di riscatto morale per una ferita ingiustamente subita, in quanto, dal punto di vista giuridico e del concreto vantaggio, la legge ben poco soddisfa il richiedente.

Come è noto, infatti, la pronuncia di addebito ha solo conseguenze negative nei confronti di chi la subisce, ma non ha diretti effetti positivi a favore di chi la ottiene.

In altre parole, il coniuge al quale viene addebitata la separazione, perde il diritto all'eventuale assegno di mantenimento e perde i diritti ereditari nei confronti del coniuge. Con la conseguenza, dunque, che un soggetto economicamente autosuffciente non subirà da una tale pronuncia alcun tipo di nocumento.

Tornando al caso in esame, il rinvenimento da parte della moglie di messaggi e foto equivoche nascoste in cassaforte, sono state considerate prove sufficienti a provare l'infedeltà del marito ed ad addebitargli la separazione.

Tuttavia, è opportuno ricordare che può rivelarsi fatale la modalità con la quale il coniuge tradito si procura le prove della infedeltà, dal momento che i rischi di incorrere in responsabilità penale per interferenza illecita nella vita privata, violazione della privacy, sottrazione di documenti ed altri reati annessi e conseguenti, non sono da sottovalutare.

Nel caso di specie, i giudici non hanno ravvisato nessuna violazione della privacy del marito da parte della moglie, non potendosi considerare violati né il domicilio, né la vita privata del coniuge traditore: la moglie, infatti, non si era procurata le foto e i messaggini comprovanti l'infedeltà in modo illecito, bensì scoprendole in casa propria, nella cassaforte di famiglia.

Quanto al secondo aspetto della impugnata sentenza della Corte di Appello di Brescia, ovvero quello riguardante la condanna al pagamento di 1000 euro al mese a favore della moglie a titolo di assegno di mantenimento, l'ordinanza 4420/2014 della Cassazione, rigettando il ricorso del marito, ha confermato l'ottenuto aumento dell' assegno da parte della moglie in virtù della prova da quest'ultima fornita della la sussistenza di redditi occulti che il marito percepiva ( i cd "fuori busta"), oltre al suo normale stipendio mensile.

A questo proposito, le dichiarazioni rese in giudizio dal datore di lavoro, sono state ritenute prove insindacabili.

Secondo gli Ermellini, il giudice del merito ha compiuto una attenta valutazione delle risultanze probatorie, controllandone attendibilità e concludenza, nonché effettuando una corretta scelta tra quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione.

Al marito non è rimasto, dunque che pagare pure le spese legali.


(Da ilsole24ore.com del 18.3.2014)