"Non
ce la faccio più. Vorrei cambiare lavoro ma non ci riesco. Non sono sicuro e
non so cosa fare". Se state attraversando una fase difficile della vostra
vita lavorativa, e state mettendo in discussione la vostra scelta
professionale, un primo suggerimento è quello di "rallentare". La
decisione di appendere al chiodo la toga e smettere di occuparsi di questioni
legali potrebbe essere la cosa giusta da fare. Ma, tenuto conto dei rischi e
dei costi connessi, si tratta di una opzione da prendere in considerazione solo
dopo aver capito quello che vi sta davvero succedendo.
Il
momento in cui molti avvocati si rivolgono ad un consulente o ad uno psicologo
del lavoro, è spesso quello in cui si sentono ormai falliti ed "esauriti".
Depersonalizzazione, ridotta realizzazione personale, senso di inadeguatezza,
desiderio di scappare e "mollare tutto"... sono tra i sintomi tipici
di un esaurimento emotivo. In altre parole, si tratta di manifestazioni
psicologiche e comportamentali riconducibili alla sindrome del burn-out,
termine traducibile con "scoppiato", "bruciato".
Le
cosiddette "helping professions", che, in virtù della loro stessa
natura, hanno una finalità di aiuto e sociale, e sono basate sulle interazioni
e sui rapporti interpersonali, sono caricate da una duplice fonte di stress:
quello personale e quello della persona (o della collettività) che
rappresentano.
Chi
soffre di burn-out, attraversa un lento processo di "logoramento" o
"decadenza" psicofisica (mancanza di energie, incapacità di sostenere
lo stress accumulato), per cui vorrebbe prendere decisioni drastiche, spinto
dalla disperazione, piuttosto che da una ispirazione o da una forte motivazione
propositiva.
Poiché
il pensiero, in questi casi, manca spesso di chiarezza, è importante prendersi
del tempo per riflettere.
Anche
se non tutti i problemi che gli avvocati incontrano lungo il loro cammino
professionale, possono essere attribuiti all'attività lavorativa, il fatto che
essi sperimentino tassi particolarmente elevati di burn-out suggerisce che
alcuni fattori stressanti, tipici dell' essere avvocato, devono essere
considerati, quantomeno, delle concause.
Pressioni
di varia natura, sovraccarico di lavoro, competitività, necessità di tenersi
costantemente aggiornati, difficoltà di coniugare vita provata con obblighi
professionali, relazioni interpersonali spesso esasperate e con persone
difficili... In aggiunta a questi fattori di stress esogeni, ci sono,
evidentemente, elementi e tratti della personalità che possono rendere gli
avvocati meno inclini a sopportare lo stress e le dinamiche tipiche della
professione. Tra questi, il più significativo è il "perfezionismo".
Dal
momento che la pratica della legge richiede un'analisi logica oggettiva e
un'attenzione ai dettagli, la professione legale attira i perfezionisti i
quali, spesso visti come inflessibili e poco inclini al cambiamento, tendono ad
essere maniaci del lavoro, ossessionati dal controllo pur non essendo convinti
di possederne. Poiché la perfezione non può essere raggiunta, lottare per essa
può essere motivo di costante insoddisfazione.
Un'altra
ragione per cui alcuni avvocati vivono l'esperienza del burn-out è legata al
fatto che i valori e i principi fondamentali non sono sempre in linea con i
comportamenti adottati. A volte questo problema si traduce in un conflitto
psicologico interno, da cui deriva un cronico senso di colpa e un perenne
sentimento di infelicità.
Se
i sintomi non sono gravi, tali da suggerire l'intervento di uno specialista, vi
sono una serie di tecniche di auto-aiuto che vale la pena provare. In primo
luogo, si dovrebbe capire che la risposta allo stress umano passa attraverso
una sequenza di quattro eventi:
Stimolo
> Pensiero > Emozione > Comportamento
Di
solito, un evento (o stimolo) scatenante innesca una risposta. La risposta
iniziale si presenta sotto forma di una valutazione mentale conscia o inconscia
e il pensiero provoca una risposta fisiologica interna. Questa si traduce in
una o più emozioni, le quali guidano i comportamenti esterni di ciascuno.
Utilizzando
questo modello, il primo tentativo dovrebbe essere quello di cercare di
cambiare i fattori ambientali esterni che causano stress. Ad esempio, se non
c'è abbastanza collaborazione in ufficio, provate a chiedere maggiore impegno da
parte dei vostri colleghi. Siete messi costantemente sotto stress da scadenze
irragionevoli? Provate a parlarne con la persona interessata o con chi ne è
responsabile, e tentate di cambiare l'agenda e la distribuzione del
tempo/lavoro. Ovvietà? Non esattamente.
Molti
avvocati non cercano nemmeno di compiere questi semplici passi perché convinti
che farlo, sia un segno di debolezza o di scarsa professionalità. In genere,
questo tipo di logica (sbagliata) è un segno che l'avvocato è un
"perfezionista".
Questo
ci porta al secondo step e cioè, ridurre il proprio livello di perfezionismo.
Per fare ciò è necessaria una prima e consapevole presa di coscienza, che si
traduca in una rottura di modelli automatici di pensiero e che porti alla
successiva modifica.
Ad
esempio: supponiamo che siate dei perfezionisti e che il vostro partner senior
vi chieda di occuparvi di un progetto particolarmente difficile (stimolo).
Inoltre , ipotizziamo che vi venga imposta una scadenza irragionevole (stimolo)
rispetto ad un'altra pratica di cui vi state occupando. La vostra prima
reazione potrebbe essere quella di pensare: "Non ho scelta. Devo lavorare
su questo progetto e accettare il termine. Se non lo facessi, dimostrerei che
sono un incompetente".
I
pensieri che sorgono, in risposta allo stimolo, attiveranno emozioni come la
paura del fallimento e del rifiuto così come il senso di colpa . Come
risultato, la risposta verso l'esterno sarà probabilmente dire "sì" e
assumere l'incarico senza alcuna esitazione.
Queste
reazioni creano un circolo vizioso. La vostra incapacità di dire "no"
provoca infatti ulteriore (e maggiore) stress perché produce un carico di
lavoro impossibile, aumenta le possibilità di commettere errori e riduce la
capacità di coniugare lavoro e vita personale.
Al
fine di migliorare la vostra situazione, è necessario aumentare la
consapevolezza rispetto a questi tipi di pensieri ed emozioni e cominciare a
rallentare il passo. Il modo migliore per farlo è quello di tenere un registro
giornaliero (per almeno due settimane) e scomporre tutte le esperienze
stressanti in quattro elementi: stimoli, pensieri, emozioni e comportamenti.
Una
volta che sarete pienamente consapevoli dei vostri pensieri e delle emozioni
perfezionistiche, dovrete iniziare ad interromperli. Il problema è che molti
dei nostri pensieri disfunzionali sono il prodotto di atteggiamenti e reazioni
ripetuti per anni, e che tendono pertanto a riproporsi uguali a se stessi, come
guidati da una sorta di pilota automatico interno. Tuttavia, spezzando tale circolo
vizioso, è possibile riprendere il controllo cosciente di tali pensieri ed
emozioni, ed esaminare l'opportunità di assumere altri comportamenti.
Ad
esempio, ci si potrebbe porre le seguenti domande: "Potrei suggerire che
qualcun altro lavori su questo progetto viste le altre cose che ho da sbrigare?
Potrei delegare alcuni dei miei lavori ad altri avvocati? È proprio vero che se
legittimamente non posso fare tutto, devo lasciare perdere questo lavoro o
comunque essere etichettato come un fallito?"
Naturalmente,
è possibile che le risposte che darete alle domande appena poste, lascino
intendere che sia tutta colpa dello stress e del burn-out e che non c'è niente
che si possa fare al riguardo, tranne concedersi una bella vacanza. Se invece
il perfezionismo è responsabile di gran parte del problema, allora dovreste
giungere alla conclusione che non importa dove andrete: il problema sarà sempre
con voi. Le sollecitazioni che il perfezionismo causa, emergeranno in qualsiasi
lavoro. Lasciare il vostro attuale lavoro perché vi sentite falliti ed
esasperati, non potrà essere la risposta a lungo termine ai vostri problemi.
Infine,
un ultimo suggerimento: provate a valutare la misura in cui lo stress è causato
dal fatto che la vostra vita lavorativa non è in linea con i vostri valori.
Alcuni disallineamenti sono causati da valori interni (o comuni e condivisi) in
conflitto (ad es alta ambizione vs
famiglia), mentre altri dal fatto che vi è un conflitto tra i vostri valori e
quelli dell'organizzazione per cui lavorate (ad esempio, il successo
finanziario a tutti i costi contro il comportamento etico).
Invece
di scappare dal vostro lavoro e prima di fare qualsiasi mossa importante (di
cui magari potreste poi pentirvi), cominciate ad esaminare più a fondo le
questioni che causano lo stress e provate a considerare dei cambiamenti meno
drastici. Siete ancora convinti di mollare tutto e di chiudere definitivamente
con la legge? Beh, almeno ora lo farete per dei validi motivi... e non per
disperazione!
Nadia Fusar Poli (da studiocataldi.it
del 24.3.2014)