Il
dovere dei genitori costituzionalmente sancito di "mantenere, istruire ed
educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio" non prevede di per sé
un venir meno degli obblighi al momento del raggiungimento della maggiore età.
Entrambi
i genitori, separati o no, debbono quindi mantenere, in proporzione alle
proprie sostanze, i figli anche maggiorenni che non hanno ancora raggiunto
un'autonomia economica.
Insomma
la giurisprudenza è in continuo fermento. Alcuni orientamenti sono ormai
consolidati come quello della Suprema Corte in base al quale i figli
maggiorenni che siano iscritti fuori corso ad una facoltà universitaria (senza
profitto negli studi) o i figli che rifiutino di svolgere un'attività lavorativa
non hanno più diritto al mantenimento.
Altre
decisioni fanno un po' discutere come quella in cui un genitore è stato
obbligato a mantenere una figlia già 'convolata' a nozze. Un caso unico s'intende, di cui si però si è
occupata anche la suprema Corte (sentenza n. 1830 del 26.1.2011). Nel caso di
specie, la figlia non aveva ancora raggiunto l'indipendenza economica e anche
se sposata viveva ancora nella casa familiare mentre il marito (ancora
studente) viveva in un'altra località.
Facciamo
adesso un breve riepilogo degli orientamenti giurisprudenziali più
significativi in materia di mantenimento dei figli maggiorenni.
L'obbligo dei genitori di provvedere alle necessità dei figli non cessa
automaticamente con il compimento del diciottesimo anno di età e può protrarsi
ben oltre il raggiungimento della maggiore età, ma non può protrarsi
"oltre ogni ragionevole limite", dovendo cessare quando "il
figlio versa in colpa per non essere stato in grado di rendersi
autosufficiente" (Cassazione sentenza n. 9109/99).
La
Suprema Corte con
un'altra "sentenza vintage", la n. 23590 del 22 novembre 2010, ha affermato che non
ha diritto all'assegno di mantenimento il figlio maggiorenne, non autonomo
economicamente, che in passato ha iniziato ad espletare un'attività lavorativa
a tempo determinato.
Ancora,
con la sentenza n. 27377 del 6.12.2013, la Cassazione ha stabilito
che: "il figlio ultratrentenne non ha più diritto all'assegno di
mantenimento se è in possesso di un patrimonio tale da potergli garantire
un'autosufficienza economica".
Con
la sentenza n. 7970 del 2013, la
Corte ha escluso il diritto al mantenimento di una figlia
trentasettenne, che pur avendo ricevuto offerte di lavoro le aveva rifiutate
perché, a suo dire, non erano rispondenti alle personali aspirazioni.
Con
l'ordinanza n. 24515 del 30 ottobre 2013 la Corte ha confermato il venire meno dell'assegno
di mantenimento a carico del padre divorziato, sulla base del fatto che le
figlie, maggiorenni, avevano espletato un'attività lavorativa, seppure
discontinua, ma attestante quantomeno il possesso di capacità idonee per
immettersi nel mondo del lavoro.
Molto
interessante è anche il contenuto di un decreto del Tribunale di Milano
dell'11 aprile 2013. Il Tribunale ha riconosciuto ad un padre la revoca
dell'assegno di mantenimento in favore del figlio perché lo stesso aveva
ventiquattro anni, da sei anni aveva abbandonato gli studi, non si era dedicato
al reperimento di una stabile occupazione ed era andato a convivere da tempo
con la sua fidanzata.
Anche
quest'anno la Cassazione
si è pronunciata in merito; ad esempio con l'ordinanza n. 2236 del 3 febbraio
2014 non ha riconosciuto l'assegno di mantenimento, chiesto dalla moglie al
marito, in favore della figlia perché la stessa aveva rinunciato di lavorare
nell'azienda del padre che si trovava in una località distante; rinunciando
all'attività lavorativa la figlia ha fatto desumere la propria indipendenza economica oltre a
dimostrare un atteggiamento parassitario nei confronti del genitore.
La
Suprema Corte, con l'ordinanza
n. 1585/2014, ha chiarito che: "Se il figlio ha uno scarso rendimento
negli studi universitari e comunque con lavoretti occasionali riesce a
raggiungere una certa indipendenza, il padre può essere liberato dall'obbligo
del mantenimento"
Barbara Pirelli (da
studiocataldi.it del 4.3.2014)