Cass. Civ., sez. VI-T, ord. 14.2.2014
n° 3445
La VI
Sezione Civile di
Piazza Cavour, in accoglimento del ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate
di Nola, ha cassato la sentenza della commissione tributaria campana, alla
quale nel contempo ha rinviato, che dovrà uniformarsi al seguente principio di
diritto: la documentazione rinvenuta presso le compagnie assicurative
concernente i compensi professionali liquidati ad avvocati nelle pratiche
relative a sinistri, è utilizzabile per l’accertamento del reddito dei legali.
A
tale dictum la Corte
arriva a seguito dell’esame di un ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate
avverso una sentenza emanata dalla commissione tributaria regionale della
Campania del 2010.
In
particolare l’opposizione, formulata da un avvocato, aveva avuto ad oggetto
l’avviso di accertamento, a carico del legale medesimo, per le imposte
dell’esercizio 2003 relative ad Irpef, Irap ed Iva. I funzionari erariali
avevano riscontrato irregolarità contabili a carico del professionista,
attingendo informazioni dai tabulati acquisiti presso alcune compagnie di
assicurazione.
Da
questi venivano edotte le somme liquidate a titolo di onorario a favore del
difensore, senza che, tuttavia, lo stesso le avesse contabilizzate in modo
corretto. In appello la commissione aveva ritenuto la pretesa fiscale, avanzata
dall’Agenzia delle Entrate, sfornita di prova: l’ente non aveva consegnato al
contribuente i tabulati delle compagnie di assicurazione, le quali gli avevano
liquidato gli onorari relativi ai sinistri dal medesimo trattati. Per lo stesso
giudice di merito, inoltre, l’Agenzia non aveva coinvolto l’avvocato nella
determinazione del reddito, non avendolo convocato prima del compiuto
accertamento.
La Cassazione ritiene fondate le motivazioni addotte dall’Agenzia
delle Entrate: i tabulati delle compagnie assicurative non dovevano essere
consegnati dall’Agenzia per ragioni di riservatezza, bensì richiesti
dall’avvocato alle società assicurative. Gli ermellini spiegano che in tema di
accertamento dell’imposta sui redditi, l’art. 38 del D.P.R. n. 600 del 1973
contempla una presunzione semplice ex art. 2727 c.c.: “l’ufficio finanziario è
legittimato a risalire da un fatto noto (nella specie, l’acquisizione di onorari
da parte di clienti risarciti dalle compagnie assicurative) a quello ignorato
(sussistenza di un certo reddito e, quindi, di capacità contributiva)”.
Tale
presunzione genera quindi un’inversione dell’onere della prova: sarà il
contribuente a dover dimostrare che il dato di fatto sul quale essa si fonda
non corrisponde alla realtà, mentre l’avvocato non aveva fornito prova alcuna
in ordine alla dedotta mancata percezione di quegli onorari, ovvero che questi
fossero d’importo meno elevato.
(Da Altalex del 12.3.2014.
Nota di Laura Biarella)