Oltre
alla violenza sessuale si configura il reato di cui all'articolo 605 Cp: non
serve la vera a propria costrizione fisica, basta privare la vittima della
capacità di agire secondo la sua volontà Chi, con un atteggiamento minaccioso,
impaurisce la vittima tenendola chiusa in auto ove abusa anche sessualmente di
lei, risponde penalmente per stalking e per sequestro di persona anche se manca
la costrizione fisica: basta infatti privare la vittima della capacità di agire
secondo la propria autonoma e indipendente volontà. Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con
la sentenza 10820 del 6 marzo 2014,
ha ritenuto inammissibile il ricorso di un 34enne contro
il giudizio di colpevolezza della Corte d'appello di Bari che lo ha condannato
a quattro anni di reclusione per sequestro di persona, violenza sessuale,
lesioni volontarie e stalking. La terza sezione penale, in linea con la Corte pugliese, ha ritenuto
l'uomo responsabile di tali reati in base alle dichiarazioni dei Carabinieri
intervenuti che hanno proceduto all'arresto e alle dichiarazioni della vittima
e di un teste.
L'episodio - L'uomo
ha fatto salire la donna, con la quale ebbe una relazione sentimentale, in
macchina, in presenza anche della figlia di tre anni, tenendo un comportamento
aggressivo e abusando di lei, poi l'ha portata a casa. Ciò, per la Suprema corte, configura
sequestro di persona visto che il comportamento dell'uomo ha privato la libertà
personale della vittima protratta per quattro ore (sia in auto che a casa del
giovane): tale continuo controllo e lo stato di stordimento e di stress della
donna la rendeva incapace di reagire. Al riguardo, ai fini della
configurabilità dell'elemento materiale del delitto di sequestro di persona,
non è necessario che la costrizione si estrinsechi con mezzi fisici, dovendosi
ritenere sufficiente qualsiasi condotta che, in relazione alle particolari
circostanze del caso, sia suscettibile di privare la vittima della capacità di
determinarsi e agire secondo la propria autonoma e indipendente volontà.
E
ancora. Circa il reato di atti persecutori Piazza Cavour ha rilevato che
l'imputato ha avuto reiterate condotte di violenza e minaccia, escludendo che
si trattasse di incontri casuali, anche se in luoghi affollati e centrali.
Inoltre, rilevanti sono stati i numerosi sms inviati dall'uomo che hanno
portato sensazioni di profondo disagio, ansia e timore nella donna, manifestato
attraverso le sue dichiarazioni: al riguardo, il Palazzaccio ha affermato che
«al tema della valutazione delle dichiarazioni della parte offesa, è altresì
opportuno ricordare che le regole dettate dall'articolo 192 comma terzo Cpp non
si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere
legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale
responsabilità dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione,
della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca
del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e
rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi
testimone». Insomma, è configurabile il delitto di stalking quando, come
previsto dall'articolo 612 bis, co. 1, Cp, il comportamento minaccioso o
molesto di taluno, posto in essere con condotte reiterate, abbia cagionato
nella vittima o un grave e perdurante stato di turbamento emotivo ovvero abbia
ingenerato un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo
congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero ancora
abbia costretto lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita, bastando,
inoltre, a integrare la reiterazione quale elemento costitutivo del suddetto
reato, anche due sole condotte di minaccia o di molestia». Pertanto, al
ricorrente non resta che pagare mille euro di spese.
Vanessa Ranucci (da
cassazione.net)