Trib. Cremona, sent. 23.1.2014 n° 37
La
breve pronuncia che si annota rappresenta una delle prima applicazione
dell'art. 1137 c.c. nella sua formulazione successiva alla riforma del
condominio del 2012.
Nel
riformare tale disposizione, il legislatore aveva infatti preso atto
dell'oramai pacifico (o meglio, pacificato) orientamento giurisprudenziale in
forza del quale doveva ritenersi che l'impugnazione delle delibere condominiali
dovesse essere proposta con atto di citazione e non con ricorso, ancorché
l'art. 1137 c.c., testualmente, utilizzasse la parola “ricorso”.
La
nuova stesura dell'articolo prevede infatti che “Contro le deliberazioni
contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente,
dissenziente o astenuto può adire l'autorità giudiziaria chiedendone l'annullamento
nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della
deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della
deliberazione per gli assenti.”
Come
detto, nella vigenza della precedente stesura della disposizione, la
giurisprudenza era comunque giunta ad affermare che "L'art. 1137 c.c. non
disciplina la forma delle impugnazioni delle deliberazioni condominiali, che
vanno pertanto proposte con citazione, in applicazione della regola dettata
dall'art. 163 c.p.c." (Cass. S.U. n. 8491/2011).
La
conseguenza di tale impostazione era dunque quella di ritenere che la forma
corretta per incardinare l'impugnazione fosse quella dell'atto di citazione:
ciò però con il significativo temperamento di ritenere comunque sanabile l'errore
della parte che avesse introdotto il giudizio con un ricorso.
Nel
caso di specie, invece, il Giudice, preso atto dell'oramai chiarificazione
raggiunta a seguito della pronuncia delle Sezioni Unite e, soprattutto, a
seguito della modifica della disposizione codicistica, ha ritenuto che il
ricorso proposto avverso la deliberazione condominiale dovesse ritenersi
inammissibile.
E
questo perché introducendo il giudizio con l'atto di ricorso sono venuti a
mancare i requisiti previsti a pena di nullità del numero 7) dell'art. 163
c.p.c.: ossia la data dell'udienza di prima comparizione e gli avvertimenti
destinati al corretto instaurarsi del contraddittorio processuale con il
convenuto.
Nella
propria pronuncia il giudice ha poi soggiunto che, in una tale ipotesi, neppure
può operare il principio generale di conservazione degli atti processuali
fondato sulla possibilità che l'atto, per quanto invalido, abbia comunque
raggiunto il proprio scopo, poiché mancando la data di dell'udienza lo scopo
prefissatosi dal legislatore non è in alcun modo raggiunto.
In
ultimo, nella pronuncia viene evidenziato come la nullità di cui è affetto
l'atto introduttivo non potrebbe neppure essere sanata attraverso il meccanismo
sanante di cui all'art. 164, comma 2, c.p.c., in quanto esso è regolato
espressamente nei soli casi di introduzione del giudizio con citazione e, in
ogni caso, in quanto il ricorso (necessariamente) era totalmente privo
dell'indicazione di una udienza di comparizione (e non solo
"l'avvertimento previsto dal n. 7) dell'art. 163" di cui al primo
comma dell'articolo in questione).
Sulla
base di tali argomentazioni, il Giudice ha dunque ritenuto inammissibile il
ricorso proposto, con la conseguenza estremamente significativa che, stante il
termine decadenziale di impugnazione, il ricorrente non potrà proporre alcun
ulteriore tempestivo giudizio avverso la delibera condominiale.
(Da Altalex del 26.2.2014. Nota di Riccardo
Bianchini)