domenica 27 novembre 2011

Responsabilità magistrati, legge italiana avara di risarcimenti

No alla restrizione ai casi di dolo e colpa grave per i danni arrecati ai singoli da violazioni del diritto Ue. Dalla Ue arriva uno stop alla responsabilità civile dei magistrati "all'italiana" .
È euroincompatibile la legge 117/88 rispetto al profilo dei danni arrecati ai singoli a seguito di violazione del diritto comunitario: l'esclusione ovvero la limitazione della responsabilità dello Stato ai casi di dolo o di colpa grave è contraria al principio generale di responsabilità degli Stati membri per violazione del diritto dell'Unione da parte di un organo giurisdizionale di ultimo grado. Lo stabilisce la sentenza pubblicata il 24 novembre 2011 nella causa C 379/10 dalla terza sezione della Corte di giustizia europea
Prove mancanti
I principi comunitari, spiegano i giudici Ue, impongono agli Stati membri di risarcire i danni arrecati a ciascuno a seguito di violazioni del diritto dell'Unione ad essi imputabili, a prescindere dall'organo da cui tale danno sia scaturito - principio che trova parimenti applicazione nel caso in cui la violazione sia commessa dal potere giudiziario. La necessità di garantire ai singoli una protezione giurisdizionale effettiva dei diritti che il diritto dell'Unione conferisce loro implica che la responsabilità dello Stato possa sorgere per una violazione dei principi comunitari che risulta dall'interpretazione di norme di diritto da parte di un organo giurisdizionale di ultimo grado. La Corte rileva che la legge italiana esclude in via generale la responsabilità dello Stato nei settori dell'interpretazione del diritto e della valutazione di fatti e di prove. E questo risulta in contrasto con il diritto Ue. Le autorità di Roma, in particolare, non sono riuscite a dimostrare che la normativa italiana venga interpretata dai giudici nazionali nel senso di porre un semplice limite alla responsabilità dello Stato e non nel senso di escluderla.
Tre presupposti
Non finisce qui: i giudici comunitari rammentano che uno Stato membro è tenuto al risarcimento dei danni arrecati ai singoli per violazione del diritto dell'Unione da parte dei propri organi in presenza di tre condizioni: la norma giuridica violata deve essere preordinata a conferire diritti ai singoli, la violazione deve essere sufficientemente caratterizzata e tra la violazione dell'obbligo incombente allo Stato e il danno subìto dal soggetto leso deve sussistere un nesso causale diretto. La responsabilità dello Stato per i danni causati dalla decisione di un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado è disciplinata dalle stesse condizioni. In tal senso, una «violazione sufficientemente caratterizzata della norma di diritto» si realizza quando il giudice nazionale ha violato il diritto vigente in maniera manifesta. Il diritto nazionale può precisare la natura o il grado di una violazione che implichi la responsabilità dello Stato ma non può, in nessun caso, imporre requisiti più rigorosi.
Bruxelles ci inchioda
La Corte di giustizia rileva che la Commissione di Bruxelles ha fornito sufficienti elementi volti a provare che la condizione della «colpa grave», prevista dalla legge italiana, come interpretata dalla Corte di cassazione italiana, si risolve nell'imporre requisiti più rigorosi di quelli derivanti dalla condizione di «violazione manifesta del diritto vigente». Per contro, l'Italia non è stata in grado di provare che l'interpretazione di tale legge ad opera dei giudici italiani sia conforme alla giurisprudenza della Corte di giustizia. In conclusione, la Corte rileva che la normativa italiana, laddove esclude qualsiasi responsabilità dello Stato per violazione del diritto dell'Unione da parte di un organo giurisdizionale di ultimo grado, qualora tale violazione derivi dall'interpretazione di norme di diritto o dalla valutazione di fatti e di prove effettuate dall'organo giurisdizionale medesimo, e laddove limita tale responsabilità ai casi di dolo o di colpa grave, è in contrasto con il principio generale di responsabilità degli Stati membri per la violazione del diritto dell'Unione.

(Da cassazione.net)