La prova del saldo non dà l'integrale ricostruzione del dare e dell'avere con l'applicazione del tasso legale.
Esclusa la validità della pattuizione di interessi ultralegali, la banca non può dimostrare l'entità del proprio credito mediante la produzione dell'estratto notarile delle sue scritture contabili dalle quali risulti il mero saldo del conto, ma ha l'onere di produrre gli estratti a partire dall'apertura del conto.
Così la seconda sezione civile della Corte di Appello di Roma, con sentenza depositata l'8 settembre 2011, la quale ha anche precisato che in tale ipotesi la banca non può sottrarsi all'assolvimento di tale onere invocando l'insussistenza dell'obbligo di conservare le scritture contabili oltre dieci anni, perché non si può confondere l'onere di conservazione della documentazione contabile con quello di prova del proprio credito.
Secondo i giudici del gravame, infatti, l'esistenza di un conto corrente e la prova dell'ammontare del credito della banca derivante dal rapporto di conto corrente, sono due cose completamente diverse per cui una volta esclusa la validità della clausola sulla cui base sono stati calcolati gli interessi, soltanto la produzione degli estratti a partire dall'apertura del conto corrente - momento da cui decorre la prescrizione del credito di restituzione per somme indebitamente trattenute dalla banca a titolo di interessi - consente, attraverso una integrale ricostruzione del dare e dell'avere con l'applicazione del tasso legale, di determinare il credito della banca.
Esclude, inoltre, la Corte che si possa addivenire al medesimo risultato, con la prova del saldo, comprensivo di capitali ed interessi, al momento della chiusura del conto perchè questo non consente di conoscere quali addebiti, nell'ultimo periodo di contabilizzazione, siano dovuti ad operazioni passive per il cliente e quali alla capitalizzazione degli interessi.
Donatella Rossi (da cassazione.net)