Cass. SS. UU. Civili sent. n. 17110 del 9.8.2011
La Cassazione ha accolto il ricorso di un professionista contro la sanzione della sospensione di un anno dall'esercizio della professione comminata dal Consiglio nazionale forense sulla base di una condanna definitiva per violenza sessuale nei confronti della figlia minore.
Per i giudici, se è vero che vige il principio dell'efficacia del giudicato penale in sede di giudizio disciplinare, nel caso specifico, la Suprema corte, nel rigettare il ricorso del professionista, esclusivamente per motivi tecnici, aveva ritenuto la sentenza di condanna emessa in Appello “affetta da motivazione carente o manifestamente illogica”.
I giudici di Piazza Cavour a Sezioni unite, con la sentenza n. 17110/2011, hanno perciò cassato la sentenza del Consiglio nazionale forense rinviando allo stesso Cnf, in diversa composizione, per un nuovo giudizio.
Secondo gli ermellini, infatti, il ricorso poneva un delicato quesito giuridico. E cioè se il rigetto del ricorso per Cassazione motivato in rito e non nel merito, con il conseguente passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna, “risulti per ciò solo ostativo tout court, per l'organo disciplinare, ad una nuova analisi fattuale delle vicende del processo”.
E, dunque, se “il vulnus sostanziale arrecato al diritto di difesa dell'imputato, e conseguente ad una cattiva formulazione dei motivi di ricorso per cassazione, possa estendersi, in guisa di effetto ultrattivo in malam partem, anche al giudizio disciplinare - una volta che la stessa Corte di cassazione abbia riconosciuto, sia pure incidenter tantum, la evidente carenza e la manifesta illogicità della motivazione di una sentenza di condanna”. Quesito sciolto a favore del condannato.