La legge di Stabilità 2012 sancisce che è consentita la costituzione di società per l’esercizio dell’attività professionale secondo i modelli societari regolati dal codice civile: ovvero le società, incluse le società di capitali.
L’atto costitutivo dovrà contemplare l’esercizio in via esclusiva dell’attività professionale da parte dei soci; i criteri e le modalità affinché l’esecuzione dell’incarico professionale conferito alla società sia eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l’esercizio della prestazione professionale richiesta; le modalità di esclusione dalla società del socio che sia stato cancellato dal rispettivo albo con provvedimento definitivo.
Saranno ammessi in qualità di soci solo i professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi, anche in differenti sezioni, purché in possesso del titolo di studio abilitante, ma anche soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche o per finalità di investimento.
Comprendiamo agevolmente come l’ingresso di investitori esterni in società di professionisti finirà con l ‘assoggettare la professione (inclusa quella forense) alle logiche del mercato e della concorrenza tipiche delle imprese commerciali.
L’indipendenza ed autonomia del singolo professionista cederà il passo alle spietate logiche del mercato, finalizzate al raggiungimento del massimo profitto ottenibile.
Si rischia di generare un pericoloso braccio di ferro tra i professionisti operativi nella società professionale - impegnati ed intenti nel portare avanti i loro mandati professionali nel rispetto delle regole, anche deontologiche, imposte dall’ordinamento - e gli investitori non “professionisti” - interessati ad ottenere più denari possibili dall’attività dei professionisti “lavoratori”.
Chi vincerà questo pericoloso braccio di ferro ? Il pericolo più grande è quello che gli avvocati inseriti in “società di professionisti” diventino di fatto dei dipendenti “sotto pagati” dagli investitori esterni, i quali, giustamente, così come fanno gli azionisti, chiederanno conto agli avvocati in merito al fatturato prodotto. Un ennesimo regalo ai poteri forti!
Chi dispone di ingenti fortune non dovrà neppure costituire un ufficio legale interno; potrà, di fatto, investire, come socio di maggioranza, in società di professionisti, corrispondendo di fatto uno stipendio agli avvocati e, allo stesso tempo, lucrando sul guadagno dei professionisti impegnati all’interno di tali società.
E cosa dire dell’eventuale conflitto di interessi che potrà crearsi tra l’avvocato “socio” e l’investitore esterno”. Il singolo cliente si rivolge alla società di professionisti per avviare una causa contro una banca, salvo poi scoprire che quella banca è il socio investitore di maggioranza di quella società di professionisti alla quale il cittadino si è rivolto. Ringraziamo nuovamente i nostri governanti.
Matteo Santini (da Mondoprofessionisti del 18.11.2011)