1°. La tariffa forense vigente, approvata con DM 08.04.2004 n. 127, ovviamente non quantifica il compenso professionale dovuto all’avvocato per l’assistenza al procedimento di “mediazione”, all’epoca non ancora introdotto nell’ordinamento processuale.
Contiene soltanto un fugace riferimento alle “procedure conciliative” nel processo del lavoro, per le quali prevede l’applicazione della tabella “stragiudiziale” (Norme generali Tariffa Civile art. 12).
Per analogia – sicuramente ammessa in materia tariffaria – anche al procedimento di mediazione appare applicabile la tabella “stragiudiziale”.
Infatti, tra “conciliazione” e “mediazione” sono ravvisabili evidenti analogie: entrambe constano di un procedimento scevro da formalità, fuori dagli schemi del processo civile, e quindi “stragiudiziale”, il quale può culminare in un “verbale di accordo” che – omologato dal Tribunale – è suscettibile di assumere l’efficacia di titolo esecutivo (art. 12 D. Lgv. n. 28/2010).
La tabella stragiudiziale prevede compensi distinti per l’attività di “consulenza” e per l’attività di “assistenza”. La “consulenza” comporta l’espressione di pareri orali o scritti senza contatto con la controparte. Invece nell’attività di “assistenza” tale contatto è elemento essenziale (si può affermare che l’avvocato “il cliente se lo “affianca” nel trattare una vertenza o un affare con la controparte).
Poiché nel procedimento di mediazione il contatto con controparte è essenziale (“catalizzato” dall’intervento del mediatore), all’avvocato appare dovuto il compenso per l’attività stragiudiziale di “assistenza” (Tab. D n. 2).
2°. Nell’ipotesi in cui la mediazione non abbia avuto esito positivo, ma si sia resa necessaria la promozione del giudizio civile, si acutizza il problema del cumulo della tabella stragiudiziale (per l’attività svolta in sede di mediazione) con quella giudiziale (per l’attività svolta nel successivo giudizio civile).
Fermo il principio secondo il quale ogni attività professionale deve essere adeguatamente remunerata; non appare corretto disattendere l’altro fondamentale principio, secondo il quale l’attività stragiudiziale finalizzata alla definizione di una lite costituisce attività accessoria a quella giudiziale, e può essere adeguatamente remunerata con l’applicazione della sola tariffa giudiziale (onde evitare indebita duplicazione di compensi).
In concreto, per tutte le attività che possono essere ritenute comuni alle due fasi del procedimento (mediazione e processo civile) appaiono applicabili le sole voci di onorario della tariffa giudiziale [ad es.: studio della controversia, consultazioni con il cliente (e con controparte, per analogia), sopralluogo e ricerca documenti, redazione atti, assistenza alle udienze di trattazione]. Ove il compenso tariffario non risulti adeguato all’entità dell’attività in concreto svolta, al numero ed alla complessità delle questioni trattate, l’onorario può essere opportunamente aumentato con applicazione dei coefficienti previsti dalla tariffa (fino al doppio per cause di “particolare importanza”; fino al quadruplo per cause di “straordinaria importanza”).
Invece per le attività proprie del procedimento di mediazione (ad es.: redazione dell’istanza di mediazione, partecipazione alla riunione con il mediatore e la controparte) è applicabile l’autonomo onorario previsto dalle corrispondenti voci della tariffa stragiudiziale, individuate per analogia.
Così l’importo dell’onorario per la redazione dell’istanza di mediazione può essere mutuato dalla voce “redazione diffide, ricorsi, esposti, relazioni…” (Tar. For. Tab. D n. 2 lett. e), in rapporto alla complessità dell’atto (se l’istanza consta di una sintetica richiesta di convocazione delle parti, senza particolare illustrazione degli elementi di fatto e di diritto controversi, il relativo onorario può essere attribuito in misura prossima al minimo; altrimenti occorre valutare la complessità dell’atto e adeguarvi il compenso).
L’onorario per assistenza alla riunione con il mediatore e con la controparte può essere mutuato da quello previsto per le “conferenze di trattazione” (fuori studio, collegialmente con altri professionisti) con la controparte (n. 2 lett. d).
Va infine rilevato che – trattandosi di attività stragiudiziale – al procedimento di mediazione non sono applicabili i “diritti” (compensi in misura fissa per attività formale di rappresentanza processuale - già propria della figura professionale del “procuratore”, e quindi definita “procuratoria” - svolta nel processo civile).
3°. Nell’ipotesi in cui invece la mediazione abbia avuto esito positivo ed abbia definito la vertenza, non si pone il problema del cumulo delle tariffe giudiziale e stragiudiziale, posto che il giudizio civile non viene attivato.
Per l’intera attività svolta vengono dunque applicati gli onorari previsti dalla sola tariffa stragiudiziale (si ribadisce, senza applicazione dei “diritti”).
A mero titolo esemplificativo, le voci di una parcella-tipo per un procedimento di mediazione andato a buon fine possono essere così articolate:
(DM 08.04.2004 n. 127 – Tab. D n. 2)
a. - posizione ed archivio
b. - sessioni (per ognuna, a studio o fuori studio, con o senza altri professionisti);
c. - corrispondenza postale o telefonica (per ognuna);
d. - esame e studio della pratica;
e. - redazione istanza di mediazione;
f. - assistenza alla riunione con il mediatore e la controparte.
Non appare dovuto l’ulteriore autonomo onorario per “assistenza alla redazione del contratto”. Infatti tale onorario – determinato a percentuale sul valore della pratica - comprende ogni attività accessoria, e non si cumula con l’onorario applicabile per ogni singola attività prevista al n. 2 della cit. Tab. D, ma è alternativo a questo.
Il valore della pratica è determinato ai sensi dell’art. 10 co. 1 c.p.c. (valore del petitum iniziale). Il valore del decisum è assunto a base della determinazione delle spese di lite poste a carico del soccombente ex art. 91 c.p.c..
In caso di domanda iniziale generica il valore della pratica è quello determinato all’esito della mediazione.
4°. Per l’istanza al Tribunale di omologazione (previa verifica formale) del verbale di accordo - trattandosi di attività processuale non contenziosa, tesa alla formazione del titolo esecutivo - appaiono applicabili i soli “diritti” di cui alla Tab. B parte II n. 75 (unico importo forfettario per l’intera attività prestata).
Non si ritiene invece applicabile un onorario, perché nella fase di omologazione non assume rilievo un’attività di carattere intellettuale (studio della controversia, consultazioni, sessioni, etc.) che possa giustificare un compenso a tale titolo.
Un onorario è previsto esclusivamente per l’eventuale fase di esecuzione (che ha inizio con il pignoramento).
Guglielmo Preve (da cassaforense.it)