Presidente
Fiale – Relatore Graziosi
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 7 gennaio 2013 il Tribunale di
Bologna ha condannato D.B.F. alla pena di euro 200 di ammenda per il reato di
cui agli articoli 110 e 674 c.p. per aver gettato uova contro il palco di
alcuni politici durante una campagna elettorale, e colpendo con alcune di esse
il mezzo di trasporto utilizzato come palco.
2. Ha presentato ricorso l’imputato adducendo, quale primo
motivo, la mancanza di motivazione - essendovi stato quanto alla sua
responsabilità un mero richiamo alla testimonianza del commissario M.G., senza
accenno alcuno al suo contenuto e alla descrizione della condotta tenuta dall’imputato
stesso - e, quale secondo motivo, la violazione di legge - non integrando il
reato il lancio diretto a cose e non a persone, e l’imputazione stessa
indicando che “il lancio ha attinto esclusivamente il veicolo ove si trovavano
le persone offese e non le persone stesse”. Quale terzo motivo, infine,
lamentava la mancata assunzione di prova decisiva non essendo stata “condotta
alcuna indagine sulla circostanza dell’idoneità ad imbrattare o molestare del
materiale che si assume come gettato all’indirizzo della persona offesa”,
soprattutto non essendosi “sentite le persone offese in merito alle molestie
ricevute in ordine ad una asserita condotta penalmente rilevante”: pur essendo
il reato riconosciuto come illecito di pericolo concreto, dalla sentenza non
emergerebbe "se e come sia stata posta in pericolo l’altrui
incolumità".
Considerato in diritto
3. Il ricorso è infondato.
3.1 Il primo motivo, che lamenta carenza di
motivazione in ordine alla descrizione della condotta dell’imputato, adducendo
che vi sarebbe stato un mero richiamo alla testimonianza del commissario M.G.,
non corrisponde al reale contenuto della sentenza che, pur con una motivazione
concisa, illustra in modo adeguato i propri presupposti decisionali, in
particolare, quanto alla descrizione della condotta dell’imputato, specificando
che la testimonianza del commissario M. “ha confermato il fatto così come
descritto nell’imputazione e ne ha indicato, quale corresponsabile, l’attuale
imputato”. Il motivo è dunque manifestamente infondato.
3.2 Il secondo motivo adduce violazione di legge per
avere il lancio attinto il veicolo ove si trovavano le persone offese e non le
persone stesse. L’articolo 674 c.p., nel suo limpido dettato, non prevede che
la persona offesa sia colpita, ma soltanto che vi sia un “getto pericoloso” di
“cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone”. La giurisprudenza di
questa Suprema Corte ha pertanto sviluppato una interpretazione nel senso che,
per integrare il reato di cui alla suddetta norma, occorre che la condotta sia
idonea (anche indirettamente, qualora sia diretta verso le cose: Cass. sez.
III, 27 settembre 2006 n. 35885) a offendere, imbrattare o molestare le persone
(e non solamente le cose: Cass, sez. III, 13 aprile 2010 n. 22032) con
un’attitudine concreta a tale lesività (Cass. sez. III, 11 maggio 2007 n.
25175). E la descrizione della condotta, come emergente dal capo di
imputazione, a cui, come si è visto, corrisponde, poi l’esito probatorio, è
chiaramente riconducibile all’articolo 674 c.p., essendo concretamente idonea a
cagionare imbrattamento e molestia alle persone offese. Il motivo è dunque
anch’esso manifestamente infondato, essendo stata correttamente qualificata la
condotta di lancio di uova (cose quanto meno idonee ad imbrattare, se colpiscono,
le persone) contestata all’imputato ai sensi della suddetta norma.
3.3 Infine, il terzo motivo, pur formalmente
qualificandosi come doglianza per omessa prova decisiva, a sua volta non ha
consistenza. è evidente che, infatti, per ricondurre una condotta di lancio in
luogo pubblico di oggetti in direzione di persone alla fattispecie di cui
all’articolo 674 c.p, non occorre sentire le persone stesse per determinare se
la condotta sia penalmente rilevante, essendo questa una valutazione oggettiva,
non certo deferita alla persona offesa. Né, poi, è qualificabile come decisiva
un’indagine sul “materiale” per appurarne l’idoneità a imbrattare o molestare,
laddove tale “materiale” consiste, come emerge dalla imputazione, in uova, la
cui idoneità ad imbrattare è indiscutibilmente notoria.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il
ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna dei
ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del
presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte
costituzionale emessa in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi
è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il
ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1000,00 in favore della
Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1000,00 in favore della
Cassa delle Ammende.