mercoledì 30 ottobre 2013

Uova contro palco del comizio, condannato

Cass. sez. III Pen., sent. 29.10.2013, n. 44187
Presidente Fiale – Relatore Graziosi


Ritenuto in fatto


1. Con sentenza del 7 gennaio 2013 il Tribunale di Bologna ha condannato D.B.F. alla pena di euro 200 di ammenda per il reato di cui agli articoli 110 e 674 c.p. per aver gettato uova contro il palco di alcuni politici durante una campagna elettorale, e colpendo con alcune di esse il mezzo di trasporto utilizzato come palco.

2. Ha presentato ricorso l’imputato adducendo, quale primo motivo, la mancanza di motivazione - essendovi stato quanto alla sua responsabilità un mero richiamo alla testimonianza del commissario M.G., senza accenno alcuno al suo contenuto e alla descrizione della condotta tenuta dall’imputato stesso - e, quale secondo motivo, la violazione di legge - non integrando il reato il lancio diretto a cose e non a persone, e l’imputazione stessa indicando che “il lancio ha attinto esclusivamente il veicolo ove si trovavano le persone offese e non le persone stesse”. Quale terzo motivo, infine, lamentava la mancata assunzione di prova decisiva non essendo stata “condotta alcuna indagine sulla circostanza dell’idoneità ad imbrattare o molestare del materiale che si assume come gettato all’indirizzo della persona offesa”, soprattutto non essendosi “sentite le persone offese in merito alle molestie ricevute in ordine ad una asserita condotta penalmente rilevante”: pur essendo il reato riconosciuto come illecito di pericolo concreto, dalla sentenza non emergerebbe "se e come sia stata posta in pericolo l’altrui incolumità".


Considerato in diritto


3. Il ricorso è infondato.

3.1 Il primo motivo, che lamenta carenza di motivazione in ordine alla descrizione della condotta dell’imputato, adducendo che vi sarebbe stato un mero richiamo alla testimonianza del commissario M.G., non corrisponde al reale contenuto della sentenza che, pur con una motivazione concisa, illustra in modo adeguato i propri presupposti decisionali, in particolare, quanto alla descrizione della condotta dell’imputato, specificando che la testimonianza del commissario M. “ha confermato il fatto così come descritto nell’imputazione e ne ha indicato, quale corresponsabile, l’attuale imputato”. Il motivo è dunque manifestamente infondato.

3.2 Il secondo motivo adduce violazione di legge per avere il lancio attinto il veicolo ove si trovavano le persone offese e non le persone stesse. L’articolo 674 c.p., nel suo limpido dettato, non prevede che la persona offesa sia colpita, ma soltanto che vi sia un “getto pericoloso” di “cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone”. La giurisprudenza di questa Suprema Corte ha pertanto sviluppato una interpretazione nel senso che, per integrare il reato di cui alla suddetta norma, occorre che la condotta sia idonea (anche indirettamente, qualora sia diretta verso le cose: Cass. sez. III, 27 settembre 2006 n. 35885) a offendere, imbrattare o molestare le persone (e non solamente le cose: Cass, sez. III, 13 aprile 2010 n. 22032) con un’attitudine concreta a tale lesività (Cass. sez. III, 11 maggio 2007 n. 25175). E la descrizione della condotta, come emergente dal capo di imputazione, a cui, come si è visto, corrisponde, poi l’esito probatorio, è chiaramente riconducibile all’articolo 674 c.p., essendo concretamente idonea a cagionare imbrattamento e molestia alle persone offese. Il motivo è dunque anch’esso manifestamente infondato, essendo stata correttamente qualificata la condotta di lancio di uova (cose quanto meno idonee ad imbrattare, se colpiscono, le persone) contestata all’imputato ai sensi della suddetta norma.

3.3 Infine, il terzo motivo, pur formalmente qualificandosi come doglianza per omessa prova decisiva, a sua volta non ha consistenza. è evidente che, infatti, per ricondurre una condotta di lancio in luogo pubblico di oggetti in direzione di persone alla fattispecie di cui all’articolo 674 c.p, non occorre sentire le persone stesse per determinare se la condotta sia penalmente rilevante, essendo questa una valutazione oggettiva, non certo deferita alla persona offesa. Né, poi, è qualificabile come decisiva un’indagine sul “materiale” per appurarne l’idoneità a imbrattare o molestare, laddove tale “materiale” consiste, come emerge dalla imputazione, in uova, la cui idoneità ad imbrattare è indiscutibilmente notoria.

Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna dei ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale emessa in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.


P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.