lunedì 7 ottobre 2013

Obbligo informativo avvocato è obbligazione di risultato

               Trib. Verona, sez. III civ., sent. 28.5.2013



Due signori convenivano convenuto in giudizio il loro avvocato, domandando il risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali ad essi cagionati dall’ inadempimento del difensore, il quale con il suo comportamento negligente aveva determinato la condanna degli attori nell’ambito di un processo penale per usura che li vedeva imputati.

In particolare, il predetto avvocato:

     Non aveva eccepito l’inutilizzabilità di una registrazione ambientale non preventivamente autorizzata dal GIP, né aveva domandato la verifica della genuinità della stessa;

    in sede di giudizio di appello non aveva rilevato e dedotto la estinzione del reato di usura per prescrizione, che pure era già maturata e che era stata era poi stata correttamente dichiarata dalla Corte di Cassazione.

La difesa superficiale da parte del professionista aveva causato gravi danni agli attori, tutti documentati.

La decisione del Giudice unico del Tribunale di Verona

Il Giudice unico del Tribunale di Verona ha accolto la domanda avanzata dagli attori, esclusivamente con riguardo alla doglianza dell’omesso rilievo da parte del convenuto della intervenuta prescrizione del reato di usura al momento del giudizio di appello. Le altre doglianze relative alla mancata contestazione della utilizzabilità e attendibilità della registrazione sono state ritenute infondate per le seguenti ragioni:

    La registrazione di una conversazione tra presenti effettuata da uno dei soggetti che partecipi alla stessa non è riconducibile alla categoria delle intercettazioni ambientali, in quanto essa costituisce una forma di “memorizzazione fonica di un fatto storico” e va annoverata tra le prove documentali (Sezioni Unite della Corte di Cassazione, sentenza 24 settembre 2003, n. 36747). L’orientamento, peraltro, è stato confermato anche dalla stessa sentenza della Suprema Corte  che si è pronunciata sul ricorso proposto dagli attori. Conseguentemente, sulla specifica questione posta dai medesimi si è anche formato il giudicato.

In ogni caso, nella sentenza in epigrafe viene evidenziato che:

    anche nel caso in cui l’avvocato convenuto avesse sollevato eccezione di inutilizzabilità della registrazione, per l'assenza di un previo decreto autorizzativo del Gip, essa, con elevata probabilità, non sarebbe stata accolta dal Tribunale,e, di conseguenza, deve escludersi che tale omissione abbia avuto influenza causale nell’adozione della pronuncia di condanna nei confronti degli attori;

    anche nel caso in cui la registrazione non fosse entrata a far parte del materiale probatorio che venne utilizzato ai fini della decisione, l’esito del giudizio, con elevata probabilità se non addirittura con certezza, non sarebbe stato diverso da quello effettivamente avuto. Ciò in quanto la valutazione sulla sussistenza del nesso causale tra negligenza del professionista intellettuale e risultato sfavorevole per il cliente (nel caso di specie la condanna al termine del processo), costituente il presupposto fondamentale per la formulazione di un giudizio di responsabilità nei confronti del cliente medesimo, deve essere effettuata, secondo un criterio prognostico di tipo probabilistico;

    sul punto, la Suprema Corte di Cassazione ha statuito che“in materia di responsabilità per colpa professionale il criterio della certezza degli effetti della condotta  può essere sostituito, nella ricerca del nesso di causalità tra la condotta del professionista e l’evento, da quello della probabilità di tali effetti e della idoneità della condotta a produrli. Pertanto, il rapporto causale sussiste anche qualora l’opera del professionista, se correttamente e prontamente svolta, avrebbe avuto non già la certezza bensì serie ed apprezzabili possibilità di successo (tra tutte si veda Cass. civile, sentenza 10 dicembre 2012, n. 22376).

Come sopra anticipato, è stato accolta l’altra doglianza degli attori, relativa al mancato rilievo, in occasione del giudizio di appello, della sopravvenuta estinzione del reato di usura per prescrizione.

Relativamente a siffatto profilo, nella sentenza viene affrontato il problema dell’individuazione dei limiti dell’adempimento dell’avvocato, nel caso in cui egli abbia ricevuto dal proprio assistito indicazioni su una determinata modalità esecutiva dell’incarico.

Tale questione è stata risolta dal Giudice unico del Tribunale di Verona sulla scorta della definizione della natura e del contenuto degli obblighi informativi, gravanti sul professionista nell’ambito del contratto di prestazione d’opera intellettuale.

Al riguardo viene citata una pronuncia del Tribunale di L’Aquila del 6 luglio 2011, inedita, nella quale è stato affermato che: “il bisogno prevalente che il committente, invocando l’opera del professionista intende soddisfare, è quello di informazione, di acquisizione delle cognizioni occorrenti per l’interpretazione di un dato delle realtà e di scelta della condotta più efficace al fine del perseguimento di un determinato risultato...l’interesse perseguito dal cliente è la realizzazione di un risultato e il conseguimento di un bene della vita e la conoscenza è preordinata alla individuazione delle strade che conducono alla realizzazione del risultato o all’accertamento dell’impossibilità di conseguirlo”.

Partendo da siffatta premessa, ne discende che l’attività informativa del professionista nella fase pre - contrattuale è funzionale al conseguimento di un consenso informato da parte del cliente (art. 1175 -1176 c.c. ed attualmente, per i rapporti sorti dopo il 25 gennaio 2012, anche nell’art. 9, comma 4, del d.l. 1/2012).

Dopo la conclusione del contratto di prestazione d’opera professionale, l’obbligo informativo permane per tutto il corso del rapporto (anche in caso di più gradi di giudizio).

Tali conclusioni non sono così scontate, stante che ad esse si è giunti dopo un lungo e complesso iter giurisprudenziale.

In particolare, tale iter è stato iniziato da una fondamentale pronuncia della Suprema Corte del 2002 (Cassazione civile, sez. II, sentenza 14 novembre 2002, n. 16023), la quale ha chiarito come l’obbligazione dell’avvocato relativamente allo svolgimento dell’incarico non sia di risultato e, pertanto, la valutazione sull’eventuale inadempienza dell’avvocato all’obbligazione assunta accettando l’incarico professionale conferitogli deve basarsi, sulla violazione del dovere di diligenza, nel quale rientrano a loro volta i doveri di informazione, di sollecitazione e di dissuasione ai quali il professionista deve adempiere.

E’ invece l’obbligo informativo che ha natura di obbligazione di risultato.

L’avvocato in buona sostanza deve prospettare al cliente, all’atto dell’assunzione del suo incarico e per tutto il suo svolgimento, le questioni di fatto e/o di diritto, rilevabili ad origine o insorte successivamente, riscontrate ostative al raggiungimento del risultato e/o comunque produttive di’un rischio di conseguenze negative o dannose, invitandolo quindi a comunicargli od a fornirgli gli elementi utili alla soluzione positiva delle questioni stesse, sconsigliandolo, infine dall’intraprendere o proseguire la lite ove appaia improbabile tale positiva soluzione e, di conseguenza, probabile un esito sfavorevole o dannoso.

L’onere di dimostrare i termini dell’accordo raggiunto con il cliente e il prodotto dell’attività consultiva svolta in favore dello stesso, grava sul professionista (Sezioni Unite, sentenza n. 13533/01).


(Da Altalex del 30.9.2013. Nota di Elena Salemi)