L’Associazione Nazionale Avvocati Italiani, alla luce
del dibattito che si è aperto in questi giorni sulla legge di riforma forense,
propone quattro punti da riformare subito. Il primo riguarda l'iscrizione
obbligatoria alla Cassa forense; "Anai ha sempre contrastato l’articolo 21
della legge di riforma forense che impone di iscrivere alla Cassa tutti gli
iscritti agli albi a prescindere dal reddito e dall’effettività dell’esercizio
professionale - ha detto il presidente Anai Maurizio De Tilla - il fine sotteso
della norma è quello di far cancellare dagli albi almeno quarantamila avvocati.
Il che è utopistico, oltre che illegittimo dal punto di vista della
costituzionalità. Non è giusto accollare oneri e contributi a decine di
migliaia di giovani con redditi bassissimi. I redditi degli avvocati sono
crollati e molti non ce la fanno nemmeno a “sopravvivere”. La obbligatorietà va
abrogata. E non si può ricorrere a palliativi che non risolvono il problema,
come ad esempio la riduzione alla metà dei contributi. Bisogna anche chiarire
che chi ha un reddito basso godrà di un trattamento previdenziale irrisorio,
nonostante il pagamento dei contributi. Anai chiede inoltre un decreto per
reintrodurre il divieto dei soci di capitale e per escludere i dipendenti dallo
svolgimento di attività stragiudiziale. Il presidente De Tilla denuncia che è
in atto un progetto di ripristino di una norma che era stata esclusa dalla
riforma forense: la presenza di soci di capitale nelle società tra avvocati.
"La voluta decadenza della legge delega con la mancata emanazione del
decreto legislativo di attuazione della nuova normativa in materia di società -
ha affermato - è la riprova di una deriva economicista che il Governo vuole
dare all’ordinamento forense". Anai
chiede inoltre di eliminare la norma che prevede la possibilità per i
dipendenti di società e di organizzazioni di svolgere attività stragiudiziale
in concorrenza con gli avvocati perché viola l'indipendenza dell'attività
forense. Inoltre per Anai è molto grave che il Ministero della Giustizia abbia
ridotto la misura dei parametri indicati dalle rappresentanze forensi sia in
relazione alla liquidazione dei giudici sia nei rapporti con i clienti.
"Con la proposta ministeriale di riduzione - ha dichiarato De Tilla -
viene violata l’autonomia e l’indipendenza dell’avvocatura. E allo stesso tempo
si svilisce la prestazione professionale già lesa fortemente dalla abolizione
dei minimi di tariffa e dei diritti. Inoltre spesso i giudici, nelle sentenze,
liquidano competenze difensive irrisorie. L’avere, per altro, aumentato la
discrezionalità dei giudici è certamente una soluzione che l’ANAI non condivide
e che aumenterà la propensione ad infliggere mortificazioni economiche alle
prestazioni degli avvocati". Infine la revisione della Geografia
giudiziaria, un disastro annunciato per Anai. De Tilla ribadisce che la
situazione è disastrosa in gran parte degli uffici giudiziari nei quali sono
stati trasferiti i processi con i relativi incartamenti. Non esistono spazi
adeguati, anzi in alcuni uffici giudiziari accorpanti mancano addirittura i
locali. I fascicoli sono stati trasferiti da un posto all’altro, talvolta senza
elenchi e senza garanzie di riservatezza, inseriti in scatoloni e spesso anche
senza contenitori. Già cominciano a scomparire alcuni fascicoli e dappertutto
c’è il caos. Processi bloccati, udienze rinviate, giudici mancanti, personale
scarso. Il tutto con disagio per i cittadini e gli operatori della giustizia.
Per raggiungere i nuovi Tribunali qualcuno ha impiegato anche più di 5-6 ore
partendo da un’isola nella quale è stata soppressa la sezione distaccata.
Ipocritamente il Ministro della Giustizia dichiara che entro un anno saranno
apportate correzioni. Ma intanto chi risarcisce i danni che i cittadini stanno
subendo per la scriteriata revisione della geografia giudiziaria?" Quattro
punti che secondo Anai vanno assolutamente rivisti e corretti per non gettare
il sistema giustizia allo sbando.
(Da Mondoprofessionisti del 29.10.2013)